sabato 21 febbraio 2015

10 famosi misteri irrisolti

La scienza negli ultimi anni ha fatto passi da gigante, ma se tante cose sono state svelate, altre continuano a far impazzire studiosi e ricercatori di tutto il mondo.

Qui vi presenterò alcuni dei più famosi misteri irrisolti, alcuni più antichi, altri più vicini a noi.


1) Il cuneo di alluminio di Aiud

Il primo mistero rientra nella categoria degli OOPArt, ovvero degli “oggetti fuori posto”. Scoperto nel 1974 in Romania, sulle rive del fiume Mures, sotto 10 km di sabbia vicino ad ossa di mastodonte, assomiglia ad un martello. Il mistero sta nella lega di cui è fatto in relazione alla sua epoca storica: una lega di alluminio incassata un uno strato di ossido. L’allumino è stato scoperto all’inizio del 1800, ma il reperto risale ad 11000 anni fa. C’è chi dice che sia la prova dell’avvenuta degli alieni sulla terra.

2) Il tesoro scomparso di Hitler

Un’immensa riserva di lingotti d’oro trafugati e di banconote in valuta estera con un valore di oltre 4miliardi di dollari , improvvisamente scomparsi dai caveau tedeschi nei decenni successivi alla seconda guerra mondiale. Una piccolissima parte è stata rinvenuta sparsa per il mondo (Portogallo, Svizzera, Turchia). La grossa parte è scomparsa. C’è chi dice che Hitler stesso l’abbia seppellita o che sia finita sul fondo del lago Topliz in Austria

3) Lady Babushka

Siamo nel 22 novembre 1963. J.F.Kennedy venne assassinato. Nei filmati e negli scatti dell’omicidio si vede una donna in piedi sul prato vicino alla limousine presidenziale, con un soprabito marrone ed un foulard in testa che le da il soprannome di Lady Babushka.
La nostra signora quel giorno filmò tutto con una cinepresa, e mentre tutti scappano lei resta immobile a riprendere con calma. Nonostante l’FBI le chiese pubblicamente di farsi avanti e consegnare il filmato lei non è mia più comparsa, e nessuno saprà mai che cos’aveva filmato

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domenica 18 gennaio 2015

Ecco perché sono scomparsi gli abitanti dell'Isola di Pasqua.

L'unica testimonianza della loro presenza sono delle enormi teste di pietra

 


Hanno lasciato come ricordo della loro civiltà delle enormi teste di pietra chiamate Moai. Altrimenti, di loro non è rimasta alcuna traccia.
I Rapa Nui, gli abitanti dell’Isola di Pasqua, un piccolo lembo di terra nel bel mezzo dell’Oceano Pacifico meridionale (GUARDA LA MAPPA) a più di 3.000 chilometri dalle coste del Cile, che hanno vissuto per secoli sull’isola, a un certo punto sarebbero letteralmente morti di fame. E’ quanto sostenevano gli storici finora. Le risorse naturali, già scarse, sarebbero state sfruttate fin troppo, tanto da non lasciare più nulla per la loro sopravvivenza.

Tuttavia, un articolo appena pubblicato suggerisce che la vera causa del declino dei Rapa Nui sia molto più complessa e che, più che la mancanza di cibo, a causare la scomparsa degli abitanti dall’Isola di Pasqua siano state le malattie portate dai primi colonizzatori europei.
I Rapa Nui erano una popolazione di origine polinesiana insediatasi sull’isola intorno al 1200. Nei secoli passati sull’isola, prima dell’arrivo degli europei nel 1722, hanno disboscato la zona settentrionale dell’isola modificandone così il clima. Proprio i cambiamenti climatici li hanno costretti a migrare da un’area a un’altra dell’isola.

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venerdì 16 gennaio 2015

Gli Ufo? Esistono. L’America pubblica online il catalogo degli avvistamenti

Nel progetto “Blue Book” la raccolta di tutte le segnalazioni tra il 1947 e il 1969

 

Vittorio Sabadin

Chi ancora è convinto che i dischi volanti esistono, e che il presidente americano Barack Obama dovrebbe finalmente rivelarlo al mondo, ha ora un sacco di materiale sul quale lavorare per confermare le loro tesi. Sono infatti disponibili online ( http://projectbluebook.theblackvault.com ) i 12.618 rapporti dell’Air Force catalogati nel projetto “Blue Book”, una indagine sugli avvistamenti di Ufo cominciata nel 1947 e conclusa nel 1969, l’anno dello sbarco sulla Luna. Quasi ogni persona che affermava di avere visto un oggetto volante comportarsi in modo strano veniva avvicinata e interrogata. Secondo l’Air Force, la stragrande maggioranza degli avvistamenti non aveva nulla a che fare con civiltà aliene e tecnologie sconosciute, ma ci sono 701 avvistamenti, il 5,5% del totale, che non hanno trovato una spiegazione convincente.

Tra questi, c’è quello di Kenneth Arnold, che il 24 giugno del 1947 vide una formazione di nove Ufo muoversi in diagonale a velocità elevatissima sul monte Rainier. Fu lui a coniare il termine “Flaying Saucers”, “piattini volanti”, con il quale gli Ufo vengono comunemente chiamati negli Stati Uniti. In piena guerra fredda, Hollywood ha riempito i suoi film degli anni 50 e 60 di dischi volanti, pilotati da creature non sempre amichevoli, simbolo del potere sovietico che minacciava l’America. Ne è nata una psicosi collettiva e si vedevano astronavi aliene dappertutto.

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giovedì 15 gennaio 2015

In Inghilterra il racconto shock di un ex poliziotto: “sono stato rapito dagli alieni”



I racconti di “Abduction” ( rapimenti alieni ) nel mondo sono numerosi, le testimonianze nel corso degli anni si sono moltiplicate, per un fenomeno incredibile che sconvolge la vita delle persone direttamente coinvolte. Una nuova testimonianza ci giunge direttamente dall’Inghilterra, da un ex poliziotto che dopo anni di oppressione e dubbi ha deciso di rompere il silenzio.
Questa storia inizia proprio cosi: “sono stato rapito dagli alieni”….

Alan Godfrey attualmente ha 67 anni, un uomo inglese la quale vita e carriera è stata turbata da un evento capitato direttamente sulla sua pelle. Alan ex poliziotto di Todmorden, un paese della contea  inglese del West Yorkshire, è stato testimone di un avvenimento incredibile che ha segnato la sua vita, facendogli perdere quasi tutto quello che aveva.
Pochi giorni fa, durante una serata di beneficenza in un teatro di Todmorden, Alan ha raccontato la sua storia, lasciando a bocca aperta e terrorizzando i presenti.  Dobbiamo tornare indietro nel tempo e precisamente al 28 novembre 1980.

Alan si trovava a Todmorden e stava perlustrando una zona rurale, luogo di misteriose sparizioni di capi di bestiame. Mentre stava guidando la sua auto si è accorto della presenza nel cielo di un grosso Ufo a forma di diamante. Un oggetto silenzioso alto circa 6 metri e lungo 12. Alan cercò di avvertire la centrale ma misteriosamente la radio era fuori servizio, dunque decise di fare un disegno di quello che stava vedendo. Quell’oggetto venne visto da altre persone, tra i quali alcuni colleghi di Godfrey.


martedì 6 gennaio 2015

"U - Boot" Il sottomarino della leggenda

"U - Boot 455"
Il sottomarino della leggenda
30 immersioni tra i relitti della provincia di Genova
di Emilio Carta e Lorenzo Del Veneziano
Busco edizioni
 
 U - Boot Il sottomarino della leggenda

Quest’opera, dedicata ad un’accurata rivisitazione dei trenta relitti ad oggi individuati nelle acque della provincia di Genova, ha preso forma dal desiderio di fissare nella memoria del lettore un passato semisconosciuto ma che ci appartiene perché parte preziosa della nostra storia marinara. Punto fondamentale di questo certosino lavoro è stato l’individuazione del relitto dell’U-Boot 455 cui, dopo l’iniziale emozione, è seguita una seconda fase, quella della ricerca storica.  Oggi, conclusa questa ricerca storico-documentale, possiamo dire che del sottomarino tedesco scomparso nel corso dell’ultima guerra tra Portofino e Camogli, sappiamo praticamente tutto: dalle missioni effettuate nel Mediterraneo al naviglio affondato e persino il nome dei “berretti bianchi” che si erano avvicendati al suo comando. Il tutto suffragato da immagini storiche, tratte dagli archivi tedeschi, sino a quelle più recenti, affascinanti e splendide, scattate a centoventi metri di profondità. In questo libro vengono inoltre illustrati ulteriori ventinove relitti individuati ed esplorati lungo il tratto costiero della provincia di Genova, da Moneglia a Cogoleto: di ognuno viene descritta la storia e riportata l’esperienza relativa all’immersione. Riemergono così dagli abissi sino a noi, lungo il magico filo della memoria, tragici eventi bellici e immagini, particolari sigle identificative e  numeriche come il  KT  a Sestri Levante, l’UJ2208 a Genova, nomi di navi più o meno conosciute come Croesus a San Fruttuoso di Capodimonte, Mohawk Deer a Portofino, Washington a Camogli, senza contare le scoperte del liuto medievale e della caracca al largo di Genova sino alla Haven di Arenzano. Ci siamo così addentrati in un mondo sconosciuto alla scoperta di episodi, eventi e personaggi che ogni singola nave aveva trascinato con sé nell’oblio. Riemerge l’angoscia dei siluramenti e delle mine vaganti alla deriva cui oggi fanno riscontro i resti ormai disgregati di tanti mezzi navali un tempo pulsanti e poi colati a picco. Sulle loro fiancate oggi vibra però una  nuova vita, quella colorata e affascinante dell’habitat sottomarino.  I relitti da noi esplorati risalgono per lo più agli anni della prima e seconda guerra mondiale  e le immagini delle prore, o delle mitragliere rivolte verso l’alto, intente a scrutare improbabili nemici provenienti dal cielo,  ci fanno ancora oggi fantasticare. In questo contesto va altresì detto che il Mar Ligure è certamente uno dei più affascinanti per storia, vita sommersa e varietà di reperti in esso contenuti, caratteristiche ambientali che i nostri  fondali ancora oggi conservano, tanto che oggi l’arco costiero preso in considerazione, può mostrare, simile ad uno scrigno, caratteristiche incredibilmente variegate di flora e fauna così come di tanti relitti  ad oggi individuati.

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lunedì 5 gennaio 2015

VOBBIA (GE) - IL PONTE DI ZAN UN PONTE COSTRUITO DAL DIAVOLO

di Isabella Dalla Vecchia - luoghimisteriosi.it
 
Nel pressi del castello della Pietra vi è il Ponte di Zan che la leggenda dice essere stato costruito dal diavolo in cambio della prima anima che lo avrebbe oltrepassato a lavori ultimati. Questo costituiva un problema per gli abitanti del luogo, perchè nessuno lo avrebbe oltrepassato e il ponte sarebbe così risultato inutile. Ma sopraggiunse Zan, diminutivo in dialetto genovese di Giovanni, un paesanotto dall'indole furba che riuscì ad ingannare il diavolo. Purtroppo il gesto non fu del tutto positivo, dato che ingannò anche il suo migliore amico, il suo fedele cane. Egli infatti, fece rotolare una piccola forma di formaggio facendola inseguire al suo fedele animale. 

Il diavolo furente, per vendicarsi seguì di nascosto Zan cercando di colpirlo nel momento propizio. Egli che divenne un eroe fino al punto da attribuirgli il nome al ponte, ebbe fama e successo e decise di seppellire il suo tesoro proprio nei pressi del "suo ponte". Il diavolo a questo punto, convinto che sarebbe tornato a riprenderselo, vi lanciò sopra una maledizione, chiunque tentasse di disseppellire il forziere sarebbe stato inevitabilmente travolto da frane spaventose. Negli anni a venire si decise di costruire una chiesa proprio in quel punto, per scacciare la presenza demoniaca legata al ponte. Il parroco preventivamente versò sul terreno acqua benedetta, facendo anche il segno della croce, il tesoro fu recuperato e nulla accadde a nessuno dei partecipanti, la maledizione era svanita.


La leggenda del Ponte di Zan

domenica 21 dicembre 2014

Enigmi senza soluzioni, a cui nessuno sa rispondere. Mettiti alla prova

Ci sono rompicapo matematici, altri centrati sulla geometria, alcuni contengono un tranello, altri sono in versi: sembrano semplici ma da sempre nessuno sa dare la risposta giusta

 

sfinge367 
Fonte: Ansa
Gli enigmi fanno parte della nostra esistenza e da sempre accompagnano la storia dell’umanità. Ci sono rompicapo matematici, altri centrati sulla geometria, alcuni contengono un tranello, altri sono in versi: sembrano semplici ma da sempre nessuno sa dare la risposta giusta

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giovedì 18 dicembre 2014

Omicidio di Chiara Poggi, sette anni di errori e ritardi nelle indagini

Il capello che la vittima stringeva tra le mani esaminato tardi, le impronte insanguinate cancellate, l'autopsia senza bilancia: distrazioni e dimenticanze di un'inchiesta piena di buchi

Il cadavere di Chiara che non viene pesato, le impronte digitali della vittima recuperate solo dopo il funerale, in seguito alla riesumazione del corpo, l'arma del delitto che ancora non è stata trovata. Sono davvero tanti gli errori, le disattenzioni, le dimenticanze nel corso di un'inchiesta che presenta ancora tanti "buchi neri".


 
Foto 4
Foto Ansa
La Provincia pavese ha raccolto tutti i nodi delle indagini in una scheda dettagliata. Eccoli.

All'obitorio il corpo della ragazza non viene pesato perché non c'è la bascula: difficile, senza questo dato, stabilire l'ora della morte, che viene modificata tre volte dall'accusa.

A due giorni dal funerale ci si accorge che mancano le importante digitali di Chara Poggi: e scatta l'operazione riesumazione.

La bicicletta da donna subito notata da una testimone dopo il delitto e di proprietà degli Stasi viene sequestrata soltanto dopo sette anni. Prima no, perché il maresciallo che la esamina la valuta "non corrispondente" alla descrizione.

Alberto va in caserma e dice di aver trovato il cadavere della sua ragazza e le scarpe che indossa, le Lacoste bronzo, gli vengono tolte dai piedi solo 19 ore dopo: nel frattempo Stasi cammina nella stessa caserma e anche sul prato umido di pioggia di villa Stasi per un sopralluogo.

Si comincia a cercare l'arma del delitto, ma 15 giorni dopo. E non la si trova.

La casa di Stasi viene perquisita una settimana dopo l'omicidio e senza usare il luminol, materiale che serve a rilevare tracce di sangue ed altri elementi fisiologici.

Il pc di Alberto viene esaminato senza fare prima una copia del disco rigido: tre quarti dei file vengono alterati da 16 accessi abusivi.

Nella casa dei Poggi entrano senza calzari adeguati 25 persone tra inquirenti, medici legali, necrofori.

Nella mano sinistra di Chiara viene trovato un capello chiaro e corto con il bulbo, che però non viene esaminato subito. Lo si fa nell'estate di quest'anno, ma è troppo tardi: non si riesce a trovare il Dna.

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lunedì 15 dicembre 2014

Nero in Liguria: 40 anni di delitti insoluti

A insanguinare Genova e la Liguria non c’è stata solo la sciagurata epopea criminale di Donato Bilancia, il serial killer italiano che ha inanellato la più lunga serie di omicidi nella storia del paese. Non ci sono state soltanto le serie maledette di Bartolomeo Gagliano e di Maurizio Minghella, e nemmeno solo quei tanti episodi i cui responsabili, gli assassini, sono stati smascherati dalle indagini di carabinieri e polizia. Perché il capoluogo ligure rimane una delle capitali italiane degli omicidi insoluti, vicende diverse l’una dall’altra, non legate a un filo comune, episodi isolati i cui responsabili sono ancora in libertà. E, almeno per quel che riguarda i casi più recenti, gli assassini girano ancora indisturbati per le strade, conducono una vita insospettabile. E magari almeno una volta nella vita abbiamo incrociato il loro sguardo. I casi più clamorosi, quelli che per mesi occuparono le pagine dei giornali per poi lentamente sparire dalle cronache quotidiane, nell’affievolirsi delle speranze di assicurare alla giustizia quei sanguinari assassini, riguardano donne. Vittime di una violenza che è sempre rimasta tale: un sostantivo astratto, al quale non è stato possibile fare corrispondere un volto, un’identità, un movente. A volte le inchieste hanno sfiorato i sospetti responsabili, non trovando mai le prove per inchiodarli, altre volte non si è mai riusciti a venire a capo di nulla, nemmeno di una pista. Oggi che si parla di “cold case”, che la polizia ha una sezione dedicata proprio ai misteri del passato, l’unità Delitti insoluti, riaccendere i riflettori pu essere forse l’unico modo per tenere desta l’attenzione su casi che non hanno mai trovato una soluzione. E magari contribuire a dare, alle vittime e ai loro cari, una giustizia. Per quanto tardiva. Questo è quello che proverà a fare il sito del Secolo XIX, riportando alla luce una storia alla settimana, partendo dalla fine degli anni Settanta e avvicinandosi ai giorni nostri.

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sabato 13 dicembre 2014

Archivi di CN: la vera storia di “Amityville Horror”

Diamo per scontato che abbiate visto questo gran film di Stuart Rosenberg del 1979, sulla vicenda delle più celebre delle case infestate americane. Lasciamo perdere se la storia che racconta (a sua volta tratta dall’esperienza che in quella casa di Ocean Drive 112 ebbe la famiglia Lutz) fosse vera o no. Ma quanti sanno che proprio nella stesso posto era avvenuta una strage? Questa sì, accertata e sicura. Era il 14 novembre del 1974. Era Amityville, tranquillissima cittadina nello stato di New York, per intenderci. Uno di quei posti dove a malapena ti rubano l’auto, se ti va storta. Ma all’alba di una gelida notte, alle 6.35, la polizia fu chiamata da qualcuno che era appena entrato nella casa di Ocean Avenue ed aveva trovato tutti morti.  Fu una telefonata surreale. Chi chiamava non sapeva dire quale fosse il numero civico, nè cosa facesse là a quell’ora. Era shock puro. Disse solo che c’erano quattro morti. In realtà, la polizia, quando arrivò ne contò sei. L’intera famiglia DeFeo era stata sterminata nel sonno, a colpi di fucile. Nessuno aveva fatto in tempo a muovere un muscolo. Madre, padre e quattro figli. Chi sdraiato sulla pancia, chi sulla schiena. Morti da 24 ore. Ma non tutti. Ronald DeFeo jr (detto Butch), uno dei figli, era vivo. Aveva passato il giorno con gli amici, prendendo eroina e lamentandosi che a casa sua non rispondeva nessuno, finchè lui e gli amici non erano andati a vedere. La polizia lo fece confessare rapidamente. Aveva compiuto la strage alle 3 di notte e poi s’era pulito ed aveva viaggiato fino a Brooklyn per gettare via il fucile ed i vestiti macchiati di sangue. S’era trattato di un mix tra la sua psicoticità ormai conclamata – e non curata – e i modi autoritari del padre. Da settimane, da sempre, i loro rapporti erano impastati di odio e tensione. Il figlio aveva già provato anche a truffare il padre. Perchè Ronald jr abbia sterminato anche la mamma, fratelli e sorelle, beh, resta invece un mistero chiuso nella sua mente. Mentre scriviamo, Butch è ancora dentro.

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martedì 2 dicembre 2014

La scomparsa di Ettore Majorana

Uno dei più brillanti fisici italiani di sempre sparì esattamente 75 anni fa: ancora oggi circolano molte ipotesi sul suo conto, tra cui un legame col nazismo

Il 26 marzo del 1938, esattamente 75 anni fa, scomparve l’allora 31enne Ettore Majorana, uno dei più importanti fisici italiani. Quella sera Majorana si imbarcò su un piroscafo Palermo-Napoli, e da allora non si ebbero più notizie certe su di lui. Nel corso degli anni della scomparsa di Majorana si interessarono la polizia e investigatori improvvisati, alcuni programmi televisivi e anche scrittori molto famosi, tra cui Leonardo Sciascia. Di ipotesi se ne fecero tante: alcuni parlarono di suicidio, altri appoggiarono la tesi della fuga in Germania o in Argentina, altri ancora dissero di averlo visto in Sicilia vestito da barbone. Di quello che fece Majorana dopo quel 26 marzo 1938, però, ancora oggi si sa molto poco, anche se alcune tesi sembrano più fondate di altre. Di certo si sa solo che Majorana era un fisico catanese, che si occupò soprattutto di fisica nucleare e di meccanica quantistica relativistica, con particolari applicazioni nella teoria dei neutrini.

 

 

Chi era Ettore Majorana

Nacque a Catania il 5 agosto 1906, era il penultimo di cinque fratelli e proveniva da una delle migliori famiglie di Catania. Il nonno, Salvatore Majorana-Calatabianco, fu deputato dalla nona alla tredicesima legislatura con la sinistra: fu due volte ministro dell’Agricoltura, Industria e Commercio nel primo e nel terzo governo Depretis (1876/1879) e senatore nel 1879. Tutti i suoi fratelli si distinsero in qualche campo particolare (giurisprudenza, ingegneria, musica), mentre due suoi zii furono rispettivamente uno studioso importante della fisica sperimentale e rettore dell’Università di Catania.

Dopo avere ottenuto la maturità classica a Roma si iscrisse alla Facoltà di Ingegneria. All’inizio del 1928 Majorana decise di passare alla facoltà di Fisica (in cui si laureò con il massimo dei voti): come ricordò anni dopo un suo amico, Edoardo Amaldi, la decisione venne presa dopo un colloquio con Enrico Fermi, uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi e premio Nobel per la fisica nel 1938. In un articolo del 1 aprile 2011, Repubblica riportò la testimonianza di Amaldi su quel primo incontro tra Majorana e Fermi rivelando dei dettagli curiosi e sorprendenti...

 

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Ettore Majorana: vivo tra '55 e '59

 

 

 

martedì 11 novembre 2014

Un ufo in mezzo alle Frecce Tricolori. Guarda le immagini

Un "Ufo" sarebbe stato avvistato durante un'esibizione delle Frecce Tricolori

Un "Ufo" avvistato durante un'esibizione delle Frecce Tricolori e filmato con una telecamera. E' quanto emerso dal XV Convegno internazionale di ufologia tenutosi a Firenze. I fatti risalgono al 14 giugno scorso: quel giorno a Forte dei Marmi si tenevano le prove per un'esibizione delle Frecce e un cameraman, Fabrizio Scorza, avrebbe ripreso l'oggetto non identificato.
"Era una giornata caldissima e nell'aria si percepiva qualcosa di strano - ha raccontato il cameraman durante il convegno -. Durante l'esibizione c'era un certo nervosismo: i computer, i tablet, gli Ipad si bloccavano. Anche le comunicazioni tra gli aerei in volo e il personale a terra avevano dei problemi. Lì per lì non ci ho dato peso, sono particolari che mi sono venuti in mente solo in un secondo momento, quando ho rivisto le immagini che avevo girato". 

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domenica 26 ottobre 2014

Svelato il mito di Atlantide: ecco dove si trova l'isola leggendaria

Una strada di pietre bianche sui fondali dei Caraibi condurrebbe a una scoperta rivoluzionaria

Secondo Platone, Atlantide si trovava oltre le Colonne d'Ercole, il limite estremo del mondo conosciuto.

Nel IV secolo tale limite corrispondeva a un punto non ben precisato tra la Rocca di Gibilterra e la montagna di Jebel Musa, in Marocco, rispettivamente sulla costa europea e su quella africana.

Secondo altri sarebbero state nello Stretto di Messina. Le ipotesi, insomma, sono tantissime, al tema sono state dedicate alcune migliaia di libri e saggi, ma anche videogiochi, fumetti, film e serie Tv. Per secoli, comunque, il mito di Atlantide ha incuriosito studiosi, archeologi e avventurieri.

La leggenda narra che, dopo avere fallito l'invasione di Atene, Atlantide sarebbe sprofondata in un singolo giorno per opera di Poseidone.

Dopo secoli, però, forse il mistero è stato finalmente svelato.
Nell'arcipelago delle Bahamas, al largo dell'isola di Bimini, due biologi hanno scoperto quelli che potrebbero essere i resti di Atlantide.

Sui fondali del Mar dei Caraibi sono state rinvenute quelle apparentemente sembravano delle semplici pietre. Ma agli occhi dei primi subacquei che le hanno percorse a nuoto questa fila di pietre bianche sono sembrate una vera e propria strada.

La Bimini Road, così è stata chiamata, si snoda da Nord-Est a Sud-Ovest lungo una linea retta per 800 metri, curvando solo alla fine. E' formata da pietre calcaree rettangolari talmente perfette da sembrare essere state create dalla mano dell'uomo. La loro forma, benché erosa dal tempo, non trova nulla in natura che le somigli.

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lunedì 20 ottobre 2014

Tutankhamon era figlio di un incesto

Il faraone aveva una malformazione al piede e camminava zoppo con l’aiuto di un bastone. Nuova ricostruzione del volto


di Elmar Burchia

 

Tutankhamon aveva una malformazione al piede (piegato verso l’interno e il basso), i fianchi femminili e una protrusione dell’arcata dentaria superiore. Inoltre, i suoi genitori erano fratello e sorella. È quanto svela l’«autopsia virtuale» sui resti del faraone che verrà mostrata nel documentario della Bbc, Tutankhamun: The Truth Uncovered.  

Incesto
Era il 4 novembre 1922 quando l’archeologo inglese Howard Carter scoprì la tomba del faraone bambino sotto i resti di un antico villaggio nella Valle dei Re, in Egitto. Fu uno dei ritrovamenti archeologici più ricchi della storia e la pietra fondante della moderna egittologia. Le tante leggende, teorie e maledizioni attorno al faraone continuano ancora oggi ad affascinare i ricercatori e non solo loro. Per un nuovo documentario di Bbc One, che verrà trasmesso domenica prossima, è stato ricostruito il volto del sovrano egiziano, attraverso più di 2 mila scansioni computerizzate sulla mummia. Inoltre, sono state effettuate analisi genetiche sulla famiglia. Se un precedente test del Dna aveva già identificato in Akhenaton il padre naturale di Tutankhamon, ora Albert Zink, direttore dell’Istituto per le mummie e l’Iceman dell’Eurac di Bolzano, ha evidenziare che la madre di Tutankhamon era in verità la sorella di Akhenaton, il faraone cosiddetto «eretico», il primo monoteista della storia. 

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giovedì 16 ottobre 2014

«Vi spiego cosa sono quei filamenti bianchi che cadono dal cielo»

Ogni anno si scatena il complottismo, ma gli esperti spiegano che si tratta di un fenomeno naturale che avviene ogni autunno

Le prime segnalazioni erano arrivate all’inizio della settimana da varie parti dell’Abruzzo, per poi estendersi anche ad altre zone dell’Italia. Misteriosi filamenti bianchi e appiccicosi, venuti dal cielo e lunghi fino a qualche metro, che avevano destato non poco allarmismo fino a quando non era intervenuto il WWF per spiegare che non si trattava né di residui di processi industriali, né di tanto meno delle «scie chimiche» o di sostanze aliene, ma di semplici ragnatele che alcune specie di ragno utilizzano come «veicolo» per spostarsi di territorio in territorio in territorio. Un fenomeno naturalissimo e tipico dell’autunno, che però ogni anno non manca di destare sospetti.

filamenti bianchi dal cielo (1)
 
NON SONO NÉ ALIENI NÉ SCIE CHIMICHE - Sul fenomeno dei «filamenti bianchi» torna a parlare anche Simone Angioni, chimico dell’Università di Pavia e segretario dell’Associazione Culturale Scientificast, che da tempo si occupa di studiare il fenomeno, ripetendo al pubblico, anno dopo anno, la vera origine dei «misteriosi» fiocchi bianchi.  «Ho in mano dei filamenti risalenti al 1999 e già all’epoca, ogni autunno, l’evento destava allarme e preoccupazione – afferma Angioni – Per capirne l’origine è stato necessario ricorrere a un saggio chimico per il riconoscimento di sostanze incognite. Il risultato? Un filamento proteico assimilabile alla seta. Si tratta di tela di ragno, cioè di una speciale seta che viene usata dai piccoli aracnidi per migrare e raggiungere nuovi territori. Questa tela ha caratteristiche eccezionali ed è scientificamente definita dragline; possiede una resistenza elevatissima e una sorprendente tolleranza agli agenti atmosferici e agli attacchi chimici. Diversi gruppi di ricerca la studiano da anni proprio per queste sue proprietà».

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Il mistero del passo di Dyatlov: la scienza può spiegare il tragico incidente?

La strana morte degli escursionisti dell’incidente del Passo di Dyatlov ha ispirato innumerevoli teorie complottiste. Ma la vera storia di q...