giovedì 4 giugno 2015

L’omicidio di John Fitzgerald Kennedy, un mistero lungo 50 anni

JFK non fu il primo presidente ad essere ucciso, prima di lui Lincoln, Garfield e McKinley. Nel suo caso, però, l'importanza assunta dai media e dagli Stati Uniti nel panorama mondiale, resero l'omicidio (forse in parte irrisolto) il più discusso di tutti i tempi

John Fitzgerald Kennedy – L’infinita serie di teorie della cospirazione che albergano dietro le quinte dell’assassinio di John Fitzgerald Kennedy inizia pochi istanti dopo l’attentato. Fu, infatti, Robert Kennedy, fratello del presidente e capo del Dipartimento di Giustizia statunitense, a ricevere l’infausta chiamata dal padre-padrone dell’FBI, J. Edgar Hoover, che, con schietto linguaggio burocratico, comunicò a Bobby – suo superiore – che il presidente era stato colpito da un’arma da fuoco. E’ in quel momento che emergono i primi dubbi che dietro la morte di JFK ci sia qualcosa di più grande che un gesto estremo di un folle.

Lee Harvey Oswald – Il folle in questione era Lee Harvey Oswald, un operaio ed ex-marines americano con simpatie comuniste e castriste. Tali simpatie gli costarono l’emarginazione dal corpo dei Marines e l’isolamento, fino alla decisione di mollare tutto, nel 1959, e partire verso la terra del comunismo: l’Unione Sovietica dalla quale ottenne la cittadinanza, ritornando, poi, negli States nel 1962. Negli istanti successivi all’attentato, Oswald fu visto fuggire dal portone della Texas Book Depository di Deadley Plaza in maniera rocambolesca, finendo braccato dalla polizia poche ore più tardi. Interrogato, Oswald si dichiarò sempre innocente, anche se il fucile Manlicher-Carcano, usato per eliminare John Kennedy, era di sua proprietà e aveva sopra le sue impronte.

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Quello che ancora oggi non torna sull'omicidio Kennedy

 

 

sabato 4 aprile 2015

Fattuzzus o Mazzinas, le bamboline malefiche sarde


Nella dimensione magica sarda rientrano i malefici, atti ad arrecare danno ad animali o persone, influenzando, in certi casi, anche la sfera affettiva o economica di queste ultime.
Sostanzialmente possiamo distinguere i malefici in: malocchio, chiamato comunemente in sardo “ogu pigau” , e le fatture, ossia le terribili “mazzinas”.
Per quanto concerne il malocchio, ti consigliamo di leggere l’articolo relativo cliccando qui.

COME AGISCONO
Le fatture sono uno strumento usato dalle fattucchiere o bruxas per far del male a distanza ad altre persone. Il principio di funzionamento è identico a quello utilizzato con le famose bamboline voodoo, quindi siamo in presenza di quella che viene definita “magia simpatica“, in cui l’effetto magico viene raggiunto utilizzando una rappresentazione simbolica della persona o della sua sfera di vita (affetti, lavoro etc) a cui si vuol recar danno.

Diversamente dalle bamboline voodoo,  le mazzine non vengono create solo con una forma antropomorfa ma possono essere fatte utilizzando piccoli animali, come lucertole, oppure pacchetti con spilli e oggetti della vittima (anche unghie o capelli), oggetti che hanno il solo scopo di accrescere il potere di chi fa il maleficio, in quanto come in tutti gli incantesimi, il motore che li fa agire è la volontà di chi opera.

Grazie anche alle invocazioni di particolari entità malefiche, chi opera è in grado di trasferire questi manufatti in posti apparentemente assurdi, per lo più all’interno dell’abitazione della vittima. Per fare alcuni esempi, sono state trovate mazzine all’interno di muri, sotto pavimenti, all’interno di cuscini o mobili in cui nessuno avrebbe potuto inserirle. Può essere nascosta vicino all’ingresso della casa della vittima, oppure sul tetto o nel cortile e può agire immediatamente o a distanza di tempo imprecisato.

Molto spesso le fatture vengono fatte su oggetti appartenenti al malcapitato di turno, come catenine o gioielli vari ma non è raro che venga addirittura fatta ingerire con il cibo.

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mercoledì 1 aprile 2015

Una storia di spettri...

Si dice che i proprietari di una casa in Charleston abbiano visto immagini e ascoltato strane voci già da molto tempo.
Hanno fatto alcune ricerche e hanno scoperto che nella casa viveva una donna la quale ha perso il marito durante la guerra Civile.
La leggenda dice che lei si sedeva sempre al tavolo della cucina e guardando il giardino attraverso la finestra, aspettava che suo marito tornasse a casa.
Ma lui non tornò mai...
Da allora dicono che lo spirito della donna stia ancora aspettando.
I proprietari della casa hanno scattato questa foto e registrato i suoni di quello che loro affermano sia il fantasma.
E' un po' strano e anche inquietante, ma troverai il fantasma nella foto.
Io ci ho messo circa 30 secondi per vederlo ma poi quando ci riesci, è come una di quelle illusioni ottiche... Per farti risparmiare un po' di tempo ti consiglio di concentrarti nello spazio tra il tavolo e la finestra.
Inoltre se hai il volume alzalo il più possibile: sentirai dei mormorii strani che si dice siano il fantasma che parla.



Ecco la foto

 

domenica 15 marzo 2015

Castel del Monte, la fortezza dei misteri

Castel del Monte, a 60 km da Bari, è uno dei 49 siti italiani che l’Unesco ha inserito nel 1996 nel World Heritage List.

Fatto costruire da Federico II di Svevia nel XIII secolo, il Castello domina, con la sua massiccia struttura ottagonale, il piccolo tratto delle Murge occidentali situate a 18 km da Andria.


Considerato universalmente un geniale esempio di architettura medievale, Castel del Monte in realtà unisce elementi stilistici diversi, dal taglio romanico dei leoni dell’ingresso alla cornice gotica delle torri, dall’arte classica dei fregi interni alla struttura difensiva dell'architettura fino alle delicate raffinatezze islamiche dei suoi mosaici.

Costruito intorno al 1240, Castel del Monte divenne la sede permanente della corte di Federico II di Hohenstaufen, diventato a soli tre anni sovrano del Regno di Sicilia. Il monarca, soprannominato “Stupor Mundi” per l’eclettismo e la vastità della sua cultura, lasciò in eredità al suo Castello tutto il mistero che ne circondava la figura.

Il rigore matematico e astronomico della sua planimetria, basata sull’otto come numero guida e il suo posizionamento, studiato in modo da creare particolari simmetrie di luce nei giorni di solstizio ed equinozio, creano un simbolismo che appassiona da secoli gli studiosi, lasciando ai visitatori una sensazione di piacevole enigma. In aggiunta a questo l’impianto militare Castel de Monte curiosamente manca degli elementi che caratterizzano la maggior parte dei monumenti militari del periodo come le mura di cinta, il fossato e le stalle.

Otto sono i lati della pianta del Castello, otto le sale del piano terra e del primo piano a pianta trapezoidale disposte in modo da formare un ottagono, e otto sono le imponenti torri, ovviamente a pianta ottagonale, disposte su ognuno degli otto spigoli. Si ritiene che nel cortile interno fosse presente una vasca anch’essa ottagonale.

La solida compattezza della pietra calcarea mista a quarzo delle facciate è scalfita su ogni lato da finestre monofore al primo piano, bifore al secondo e in un caso trifora. L'ingresso principale, in breccia corallina, riproduce la forma di un arco trionfale classico che incornicia un arco a sesto acuto, definito come "una sorta di preludio al Rinascimento". L’interno, con le sue alte volte a crociera o a botte, appare ormai spoglio da tutte quelle decorazioni che nel passato rendevano i suoi spazi maestosi, testimoniate da resti di marmo e mosaici in gran parte scomparsi dopo secoli di incuria e vandalismo.

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I misteri di Castel del Monte


giovedì 26 febbraio 2015

Siberia, torna il mistero dei crateri


Si riapre il caso del mistero dei "buchi neri" in Siberia. Nuovi quattro crateri infatti sono apparsi nella penisola Jamal, territorio ricco di gas naturali e una miscela di acqua, sale e gas che potrebbe provocare le esplosioni. Secondo gli scienziati il fenomeno potrebbe anche essere una diretta conseguenza del riscaldamento globale per il fenomeno noto come Pingo.Si tratta di un accumulo nel sottosuolo di ghiaccio coperto da terra che, sciogliendosi, può creare un buco nel terreno. Queste nuove voragini apparse nel permafrost siberiano nel nord della Russia, si sommano altre decine di più piccoli, sempre nella stessa zona. Secondo le teorie più accreditate si tratterebbe di eruzioni di gas metano che, con l'aumento delle temperature, provoca lo sciogliersi del terreno ghiacciato. Le pareti di questi nuovi crateri suggerisce un'esplosione interna 

Le altre foto

sabato 21 febbraio 2015

10 famosi misteri irrisolti

La scienza negli ultimi anni ha fatto passi da gigante, ma se tante cose sono state svelate, altre continuano a far impazzire studiosi e ricercatori di tutto il mondo.

Qui vi presenterò alcuni dei più famosi misteri irrisolti, alcuni più antichi, altri più vicini a noi.


1) Il cuneo di alluminio di Aiud

Il primo mistero rientra nella categoria degli OOPArt, ovvero degli “oggetti fuori posto”. Scoperto nel 1974 in Romania, sulle rive del fiume Mures, sotto 10 km di sabbia vicino ad ossa di mastodonte, assomiglia ad un martello. Il mistero sta nella lega di cui è fatto in relazione alla sua epoca storica: una lega di alluminio incassata un uno strato di ossido. L’allumino è stato scoperto all’inizio del 1800, ma il reperto risale ad 11000 anni fa. C’è chi dice che sia la prova dell’avvenuta degli alieni sulla terra.

2) Il tesoro scomparso di Hitler

Un’immensa riserva di lingotti d’oro trafugati e di banconote in valuta estera con un valore di oltre 4miliardi di dollari , improvvisamente scomparsi dai caveau tedeschi nei decenni successivi alla seconda guerra mondiale. Una piccolissima parte è stata rinvenuta sparsa per il mondo (Portogallo, Svizzera, Turchia). La grossa parte è scomparsa. C’è chi dice che Hitler stesso l’abbia seppellita o che sia finita sul fondo del lago Topliz in Austria

3) Lady Babushka

Siamo nel 22 novembre 1963. J.F.Kennedy venne assassinato. Nei filmati e negli scatti dell’omicidio si vede una donna in piedi sul prato vicino alla limousine presidenziale, con un soprabito marrone ed un foulard in testa che le da il soprannome di Lady Babushka.
La nostra signora quel giorno filmò tutto con una cinepresa, e mentre tutti scappano lei resta immobile a riprendere con calma. Nonostante l’FBI le chiese pubblicamente di farsi avanti e consegnare il filmato lei non è mia più comparsa, e nessuno saprà mai che cos’aveva filmato

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domenica 18 gennaio 2015

Ecco perché sono scomparsi gli abitanti dell'Isola di Pasqua.

L'unica testimonianza della loro presenza sono delle enormi teste di pietra

 


Hanno lasciato come ricordo della loro civiltà delle enormi teste di pietra chiamate Moai. Altrimenti, di loro non è rimasta alcuna traccia.
I Rapa Nui, gli abitanti dell’Isola di Pasqua, un piccolo lembo di terra nel bel mezzo dell’Oceano Pacifico meridionale (GUARDA LA MAPPA) a più di 3.000 chilometri dalle coste del Cile, che hanno vissuto per secoli sull’isola, a un certo punto sarebbero letteralmente morti di fame. E’ quanto sostenevano gli storici finora. Le risorse naturali, già scarse, sarebbero state sfruttate fin troppo, tanto da non lasciare più nulla per la loro sopravvivenza.

Tuttavia, un articolo appena pubblicato suggerisce che la vera causa del declino dei Rapa Nui sia molto più complessa e che, più che la mancanza di cibo, a causare la scomparsa degli abitanti dall’Isola di Pasqua siano state le malattie portate dai primi colonizzatori europei.
I Rapa Nui erano una popolazione di origine polinesiana insediatasi sull’isola intorno al 1200. Nei secoli passati sull’isola, prima dell’arrivo degli europei nel 1722, hanno disboscato la zona settentrionale dell’isola modificandone così il clima. Proprio i cambiamenti climatici li hanno costretti a migrare da un’area a un’altra dell’isola.

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venerdì 16 gennaio 2015

Gli Ufo? Esistono. L’America pubblica online il catalogo degli avvistamenti

Nel progetto “Blue Book” la raccolta di tutte le segnalazioni tra il 1947 e il 1969

 

Vittorio Sabadin

Chi ancora è convinto che i dischi volanti esistono, e che il presidente americano Barack Obama dovrebbe finalmente rivelarlo al mondo, ha ora un sacco di materiale sul quale lavorare per confermare le loro tesi. Sono infatti disponibili online ( http://projectbluebook.theblackvault.com ) i 12.618 rapporti dell’Air Force catalogati nel projetto “Blue Book”, una indagine sugli avvistamenti di Ufo cominciata nel 1947 e conclusa nel 1969, l’anno dello sbarco sulla Luna. Quasi ogni persona che affermava di avere visto un oggetto volante comportarsi in modo strano veniva avvicinata e interrogata. Secondo l’Air Force, la stragrande maggioranza degli avvistamenti non aveva nulla a che fare con civiltà aliene e tecnologie sconosciute, ma ci sono 701 avvistamenti, il 5,5% del totale, che non hanno trovato una spiegazione convincente.

Tra questi, c’è quello di Kenneth Arnold, che il 24 giugno del 1947 vide una formazione di nove Ufo muoversi in diagonale a velocità elevatissima sul monte Rainier. Fu lui a coniare il termine “Flaying Saucers”, “piattini volanti”, con il quale gli Ufo vengono comunemente chiamati negli Stati Uniti. In piena guerra fredda, Hollywood ha riempito i suoi film degli anni 50 e 60 di dischi volanti, pilotati da creature non sempre amichevoli, simbolo del potere sovietico che minacciava l’America. Ne è nata una psicosi collettiva e si vedevano astronavi aliene dappertutto.

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giovedì 15 gennaio 2015

In Inghilterra il racconto shock di un ex poliziotto: “sono stato rapito dagli alieni”



I racconti di “Abduction” ( rapimenti alieni ) nel mondo sono numerosi, le testimonianze nel corso degli anni si sono moltiplicate, per un fenomeno incredibile che sconvolge la vita delle persone direttamente coinvolte. Una nuova testimonianza ci giunge direttamente dall’Inghilterra, da un ex poliziotto che dopo anni di oppressione e dubbi ha deciso di rompere il silenzio.
Questa storia inizia proprio cosi: “sono stato rapito dagli alieni”….

Alan Godfrey attualmente ha 67 anni, un uomo inglese la quale vita e carriera è stata turbata da un evento capitato direttamente sulla sua pelle. Alan ex poliziotto di Todmorden, un paese della contea  inglese del West Yorkshire, è stato testimone di un avvenimento incredibile che ha segnato la sua vita, facendogli perdere quasi tutto quello che aveva.
Pochi giorni fa, durante una serata di beneficenza in un teatro di Todmorden, Alan ha raccontato la sua storia, lasciando a bocca aperta e terrorizzando i presenti.  Dobbiamo tornare indietro nel tempo e precisamente al 28 novembre 1980.

Alan si trovava a Todmorden e stava perlustrando una zona rurale, luogo di misteriose sparizioni di capi di bestiame. Mentre stava guidando la sua auto si è accorto della presenza nel cielo di un grosso Ufo a forma di diamante. Un oggetto silenzioso alto circa 6 metri e lungo 12. Alan cercò di avvertire la centrale ma misteriosamente la radio era fuori servizio, dunque decise di fare un disegno di quello che stava vedendo. Quell’oggetto venne visto da altre persone, tra i quali alcuni colleghi di Godfrey.


martedì 6 gennaio 2015

"U - Boot" Il sottomarino della leggenda

"U - Boot 455"
Il sottomarino della leggenda
30 immersioni tra i relitti della provincia di Genova
di Emilio Carta e Lorenzo Del Veneziano
Busco edizioni
 
 U - Boot Il sottomarino della leggenda

Quest’opera, dedicata ad un’accurata rivisitazione dei trenta relitti ad oggi individuati nelle acque della provincia di Genova, ha preso forma dal desiderio di fissare nella memoria del lettore un passato semisconosciuto ma che ci appartiene perché parte preziosa della nostra storia marinara. Punto fondamentale di questo certosino lavoro è stato l’individuazione del relitto dell’U-Boot 455 cui, dopo l’iniziale emozione, è seguita una seconda fase, quella della ricerca storica.  Oggi, conclusa questa ricerca storico-documentale, possiamo dire che del sottomarino tedesco scomparso nel corso dell’ultima guerra tra Portofino e Camogli, sappiamo praticamente tutto: dalle missioni effettuate nel Mediterraneo al naviglio affondato e persino il nome dei “berretti bianchi” che si erano avvicendati al suo comando. Il tutto suffragato da immagini storiche, tratte dagli archivi tedeschi, sino a quelle più recenti, affascinanti e splendide, scattate a centoventi metri di profondità. In questo libro vengono inoltre illustrati ulteriori ventinove relitti individuati ed esplorati lungo il tratto costiero della provincia di Genova, da Moneglia a Cogoleto: di ognuno viene descritta la storia e riportata l’esperienza relativa all’immersione. Riemergono così dagli abissi sino a noi, lungo il magico filo della memoria, tragici eventi bellici e immagini, particolari sigle identificative e  numeriche come il  KT  a Sestri Levante, l’UJ2208 a Genova, nomi di navi più o meno conosciute come Croesus a San Fruttuoso di Capodimonte, Mohawk Deer a Portofino, Washington a Camogli, senza contare le scoperte del liuto medievale e della caracca al largo di Genova sino alla Haven di Arenzano. Ci siamo così addentrati in un mondo sconosciuto alla scoperta di episodi, eventi e personaggi che ogni singola nave aveva trascinato con sé nell’oblio. Riemerge l’angoscia dei siluramenti e delle mine vaganti alla deriva cui oggi fanno riscontro i resti ormai disgregati di tanti mezzi navali un tempo pulsanti e poi colati a picco. Sulle loro fiancate oggi vibra però una  nuova vita, quella colorata e affascinante dell’habitat sottomarino.  I relitti da noi esplorati risalgono per lo più agli anni della prima e seconda guerra mondiale  e le immagini delle prore, o delle mitragliere rivolte verso l’alto, intente a scrutare improbabili nemici provenienti dal cielo,  ci fanno ancora oggi fantasticare. In questo contesto va altresì detto che il Mar Ligure è certamente uno dei più affascinanti per storia, vita sommersa e varietà di reperti in esso contenuti, caratteristiche ambientali che i nostri  fondali ancora oggi conservano, tanto che oggi l’arco costiero preso in considerazione, può mostrare, simile ad uno scrigno, caratteristiche incredibilmente variegate di flora e fauna così come di tanti relitti  ad oggi individuati.

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lunedì 5 gennaio 2015

VOBBIA (GE) - IL PONTE DI ZAN UN PONTE COSTRUITO DAL DIAVOLO

di Isabella Dalla Vecchia - luoghimisteriosi.it
 
Nel pressi del castello della Pietra vi è il Ponte di Zan che la leggenda dice essere stato costruito dal diavolo in cambio della prima anima che lo avrebbe oltrepassato a lavori ultimati. Questo costituiva un problema per gli abitanti del luogo, perchè nessuno lo avrebbe oltrepassato e il ponte sarebbe così risultato inutile. Ma sopraggiunse Zan, diminutivo in dialetto genovese di Giovanni, un paesanotto dall'indole furba che riuscì ad ingannare il diavolo. Purtroppo il gesto non fu del tutto positivo, dato che ingannò anche il suo migliore amico, il suo fedele cane. Egli infatti, fece rotolare una piccola forma di formaggio facendola inseguire al suo fedele animale. 

Il diavolo furente, per vendicarsi seguì di nascosto Zan cercando di colpirlo nel momento propizio. Egli che divenne un eroe fino al punto da attribuirgli il nome al ponte, ebbe fama e successo e decise di seppellire il suo tesoro proprio nei pressi del "suo ponte". Il diavolo a questo punto, convinto che sarebbe tornato a riprenderselo, vi lanciò sopra una maledizione, chiunque tentasse di disseppellire il forziere sarebbe stato inevitabilmente travolto da frane spaventose. Negli anni a venire si decise di costruire una chiesa proprio in quel punto, per scacciare la presenza demoniaca legata al ponte. Il parroco preventivamente versò sul terreno acqua benedetta, facendo anche il segno della croce, il tesoro fu recuperato e nulla accadde a nessuno dei partecipanti, la maledizione era svanita.


La leggenda del Ponte di Zan

domenica 21 dicembre 2014

Enigmi senza soluzioni, a cui nessuno sa rispondere. Mettiti alla prova

Ci sono rompicapo matematici, altri centrati sulla geometria, alcuni contengono un tranello, altri sono in versi: sembrano semplici ma da sempre nessuno sa dare la risposta giusta

 

sfinge367 
Fonte: Ansa
Gli enigmi fanno parte della nostra esistenza e da sempre accompagnano la storia dell’umanità. Ci sono rompicapo matematici, altri centrati sulla geometria, alcuni contengono un tranello, altri sono in versi: sembrano semplici ma da sempre nessuno sa dare la risposta giusta

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giovedì 18 dicembre 2014

Omicidio di Chiara Poggi, sette anni di errori e ritardi nelle indagini

Il capello che la vittima stringeva tra le mani esaminato tardi, le impronte insanguinate cancellate, l'autopsia senza bilancia: distrazioni e dimenticanze di un'inchiesta piena di buchi

Il cadavere di Chiara che non viene pesato, le impronte digitali della vittima recuperate solo dopo il funerale, in seguito alla riesumazione del corpo, l'arma del delitto che ancora non è stata trovata. Sono davvero tanti gli errori, le disattenzioni, le dimenticanze nel corso di un'inchiesta che presenta ancora tanti "buchi neri".


 
Foto 4
Foto Ansa
La Provincia pavese ha raccolto tutti i nodi delle indagini in una scheda dettagliata. Eccoli.

All'obitorio il corpo della ragazza non viene pesato perché non c'è la bascula: difficile, senza questo dato, stabilire l'ora della morte, che viene modificata tre volte dall'accusa.

A due giorni dal funerale ci si accorge che mancano le importante digitali di Chara Poggi: e scatta l'operazione riesumazione.

La bicicletta da donna subito notata da una testimone dopo il delitto e di proprietà degli Stasi viene sequestrata soltanto dopo sette anni. Prima no, perché il maresciallo che la esamina la valuta "non corrispondente" alla descrizione.

Alberto va in caserma e dice di aver trovato il cadavere della sua ragazza e le scarpe che indossa, le Lacoste bronzo, gli vengono tolte dai piedi solo 19 ore dopo: nel frattempo Stasi cammina nella stessa caserma e anche sul prato umido di pioggia di villa Stasi per un sopralluogo.

Si comincia a cercare l'arma del delitto, ma 15 giorni dopo. E non la si trova.

La casa di Stasi viene perquisita una settimana dopo l'omicidio e senza usare il luminol, materiale che serve a rilevare tracce di sangue ed altri elementi fisiologici.

Il pc di Alberto viene esaminato senza fare prima una copia del disco rigido: tre quarti dei file vengono alterati da 16 accessi abusivi.

Nella casa dei Poggi entrano senza calzari adeguati 25 persone tra inquirenti, medici legali, necrofori.

Nella mano sinistra di Chiara viene trovato un capello chiaro e corto con il bulbo, che però non viene esaminato subito. Lo si fa nell'estate di quest'anno, ma è troppo tardi: non si riesce a trovare il Dna.

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lunedì 15 dicembre 2014

Nero in Liguria: 40 anni di delitti insoluti

A insanguinare Genova e la Liguria non c’è stata solo la sciagurata epopea criminale di Donato Bilancia, il serial killer italiano che ha inanellato la più lunga serie di omicidi nella storia del paese. Non ci sono state soltanto le serie maledette di Bartolomeo Gagliano e di Maurizio Minghella, e nemmeno solo quei tanti episodi i cui responsabili, gli assassini, sono stati smascherati dalle indagini di carabinieri e polizia. Perché il capoluogo ligure rimane una delle capitali italiane degli omicidi insoluti, vicende diverse l’una dall’altra, non legate a un filo comune, episodi isolati i cui responsabili sono ancora in libertà. E, almeno per quel che riguarda i casi più recenti, gli assassini girano ancora indisturbati per le strade, conducono una vita insospettabile. E magari almeno una volta nella vita abbiamo incrociato il loro sguardo. I casi più clamorosi, quelli che per mesi occuparono le pagine dei giornali per poi lentamente sparire dalle cronache quotidiane, nell’affievolirsi delle speranze di assicurare alla giustizia quei sanguinari assassini, riguardano donne. Vittime di una violenza che è sempre rimasta tale: un sostantivo astratto, al quale non è stato possibile fare corrispondere un volto, un’identità, un movente. A volte le inchieste hanno sfiorato i sospetti responsabili, non trovando mai le prove per inchiodarli, altre volte non si è mai riusciti a venire a capo di nulla, nemmeno di una pista. Oggi che si parla di “cold case”, che la polizia ha una sezione dedicata proprio ai misteri del passato, l’unità Delitti insoluti, riaccendere i riflettori pu essere forse l’unico modo per tenere desta l’attenzione su casi che non hanno mai trovato una soluzione. E magari contribuire a dare, alle vittime e ai loro cari, una giustizia. Per quanto tardiva. Questo è quello che proverà a fare il sito del Secolo XIX, riportando alla luce una storia alla settimana, partendo dalla fine degli anni Settanta e avvicinandosi ai giorni nostri.

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Crollo delle temperature in pochi giorni, dall’Estate all’Inverno

Crollo vertiginoso delle temperature nel corso della prossima settimana. Si ritorna in inverno? Nel corso dei prossimi 7 giorni andremo inco...