Nel 1945 un certo Herbert Herzog fece ritrovare agli alleati il cosiddetto
"tesoro di Salisburgo": circa 4.3 tonnellate di oro.
Durante il recupero dei sacchi notò che
erano ancora piombati e
che portavano la scritta "Banca d'Italia".
Ad Herzog venne fatta una promessa:
avrebbe ricevuto una
ricompensa non appena l'oro fosse stato riconsegnato al legittimo proprietario.
Dopo tre anni di inutile
attesa scopre che l'oro è stato consegnato nel 1947 al governo di Vienna. Gli
austriaci avevano "fornito
prove" che l'oro ritrovato era di legittima proprietà della banca nazionale
austriaca prima
dell'occupazione dell'Austria da parte dei tedeschi e che non aveva mai lasciato
il territorio
austriaco.
Nel 1950 Herzog riesce ad avere una risposta in proposito dalla
cancelleria austriaca:
l'Austria non è proprietaria dell'oro ma solo detentrice, non è, quindi,
autorizzata a dare nessuna
ricompensa.
In seguito Herzog si reca a Roma e, dopo aver ricostruito la storia
dell'oro ritrovato a
Salisburgo (faceva parte di 72 tonnellate di oro rubato dall'Italia e destinato
a Berlino), ottiene dal
governo italiano la promessa di una ricompensa.
Il 30 settembre del 1952 la
Banca d'Italia sporge
denuncia contro la Banca nazionale austriaca. Inizia il processo ma, nell'aprile
del 1954, viene
sospeso. Le 4,3 tonnellate di oro sarebbero state incluse nei conteggi (fatti
nel Trattato di Parigi del
1946) relativi alla ripartizione fra gli Stati aventi diritto all'oro nazista ritrovato
dopo la guerra.
L'oro in
questione, si sostenne, era per la maggior parte non identificabile. Herzog non
si dette pace e, negli
anni successivi, raccolse una precisa documentazione con cui ricostruì oltre
cinque anni di trasporti di
oro attraverso mezza Europa.
Tutto questo però non bastò ad Herzog per ottenere la
sua ricompensa. Morì
nel 1977.
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