È il protagonista di uno dei più clamorosi casi di omicidio a sfondo familiare della cronaca italiana. Aiutato da tre amici, il 17 aprile 1991 nella sua casa di Montecchia di Crosara uccise entrambi i suoi genitori, Antonio Maso e Mariarosa Tessari. La motivazione era intascare subito la sua parte di eredità. Arrestato il 19 aprile 1991, è stato condannato definitivamente a trent'anni di carcere, con il riconoscimento della seminfermità mentale al momento del fatto. Dopo averne trascorsi ventidue, è stato rimesso in libertà, per poi essere ricoverato in clinica psichiatrica dal marzo 2016. Ai suoi complici, Giorgio Carbognin e Paolo Cavazza, è stata inflitta una pena di ventisei anni, mentre al minorenne Damiano Burato tredici.
Video
venerdì 17 febbraio 2017
mercoledì 15 febbraio 2017
Il mistero dei Cerchi delle fate della Namibia potrebbe finalmente avere una spiegazione
Noemi Penna
E invece a creare questi bizzarri anelli che vanno dai due ai 12 metri di diametro contornati da un'alta frangia di erba pare siano le stesse piante che li circondano, non certo gli alieni. Una vegetazione molto «assetata» che cresce mettendo in competizione radice contro radice: un «braccio di ferro» che crea questa serie di enormi cicatrici nel deserto del Namib, anche con lo zampino delle termiti.
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lunedì 13 febbraio 2017
Giordania, scoperti 2000 disegni visibili solo dal satellite
Se le linee di Nazca, nel Sud del Perù, risalgono al periodo che va dal 300 a.C. e il 500 d.C., la scoperta che è stata fatta in Giordania è ancora più antica.
Dal satellite sono state scattate delle fotografie che mostrano alcuni giganteschi geroglifici. Talmente grandi che, da terra, l’occhio umano non è in grado di percepirli, ma che sono ben visibili dall’alto, a distanza di chilometri.
Scoperti durante la Prima Guerra Mondiale, solo secondo recenti studi risultano essere più antichi delle linee di Nazca.
Con l’impiego della cosiddetta luminescenza otticamente stimolata (OSL – Optically stimulated luminescence), gli archeologi hanno scoperto che una di queste ruote risale a 8500 anni fa, mentre un’altra, se pur risalente alla stessa epoca, risulta essere stata “ristrutturata” circa 5500 anni fa.
Di diverse forme e dimensioni, questi ‘segni’ si estendono dalla Siria allo Yemen e rappresentano un vero rompicapo per scienziati e archeologi.
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sabato 11 febbraio 2017
venerdì 10 febbraio 2017
mercoledì 8 febbraio 2017
Il delitto di Arce
L'omicidio di Serena Mollicone
Una
ragazza viene trovata morta, legata mani e piedi, in un bosco. Un
carrozziere trascorre 17 mesi in carcere per essere poi assolto. Un
carabiniere si suicida dopo aver rilasciato clamorose dichiarazioni agli
inquirenti. E’ la vicenda meglio conosciuta come il delitto di Arce, un
piccolo paesino della Ciociaria vicino Sora. Ne abbiamo parlato a Diritto di Cronaca.
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lunedì 6 febbraio 2017
Il delitto di Via Poma
29 coltellate per Simonetta Cesaroni
Simonetta Cesaroni, una bella ragazza di 21 anni,
figlia di un dipendente dell’azienda tranviaria comunale, viene trovata
senza vita attorno alle 22 e 30 di martedì 7 agosto 1990 a Roma, in
via Poma 2, quartiere Prati, dove lavorava come segretaria dell'AIAG,
l’Associazione Italiana Alberghi della Gioventù.
A scoprire la tragedia sono la
sorella Claudia, il di lei fidanzato, il suo datore di lavoro e la
moglie di Pietrino Vanacore, il portiere dello stabile.
Il corpo della ragazza giace in
una stanza, supino, le gambe divaricate, senza mutandine, il reggiseno
sollevato, trafitto con 29 colpi d'arma bianca al volto, alla gola, al
tronco ed al basso ventre. L’arma utilizzata per il delitto - mai
ritrovata - è, probabilmente, un tagliacarte. La tempia destra
presenta un'ecchimosi, come se fosse stata colpita da un violentissimo
schiaffo a mano aperta. Sul seno ha un morso. Il corpo di Simonetta è
seminudo, ma la ragazza non è stata violentata. L'assassino ha portato
via, i suoi pantaloni, gli slip e la maglietta. Ai piedi ha ancora
delle calze bianche.
L’assassino, prima di fuggire, ha
cercato di ripulire l’appartamento del sangue di Simonetta. alcuni
stracci vengono ritrovati accuratamente sciacquati, strizzati e rimessi
al loro posto. Un gesto che può fare solo chi è intenzionato a
spostare il cadavere da quell’appartamento anche perchè, molto
probabilmente, lo stesso assassino a quell’appartamento è in qualche
modo legato.
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venerdì 3 febbraio 2017
L'omicidio di Nada Cella, un delitto senza perchè
E’ il 6 maggio 1996. Sono da poco passate le 9.00. Nada Cella, impiegata 24enne, viene trovata barbaramente assassinata nell’ufficio del suo datore di lavoro, il commercialista Marco Soracco, a Chiavari (GE).
La ragazza aveva appena aperto l’ufficio e acceso il computer. Presumibilmente, il suo assassino ha suonato alla porta e Nada, tranquilla, lo ha fatto entrare: la ragazza viene trovata con la testa fracassata da un oggetto contundente che - come spesso accade nei delitti di difficile soluzione - non sarà mai trovato.
E’ lo stesso Soracco a trovare la ragazza in fin di vita. La corsa al reparto rianimazione dell’ospedale S. Martino è inutile: Nada muore sei ore più tardi.
Sono i medici che soccorrono Nada a stabilire che la ragazza è stata vittima di una aggressione e non di un incidente, come inizialmente sembrava: scattano le indagini, ma nel frattempo - come purtroppo spesso ancora avviene - la scena del delitto è stata irrimediabilmente inquinata: le tracce di sangue sulle scale del palazzo sono state lavate, così come quelle lasciate nell’ufficio.
Le indagini si concentrano sul più facile dei sospettabili, cioè proprio il datore di lavoro di Nada, Marco Soracco. Il commercialista ha 34 anni, è laureato in economia e commercio e da qualche anno ha aperto a Chiavari uno studio molto avviato. Riservato, educato, scapolo e cattolico, vive con la madre e la zia nello stesso caseggiato dove si trova l’ufficio, al piano superiore. Il padre, scomparso due anni prima, era stato direttore del dazio e quindi responsabile dell’ufficio anagrafe del Comune di Chiavari.
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La ragazza aveva appena aperto l’ufficio e acceso il computer. Presumibilmente, il suo assassino ha suonato alla porta e Nada, tranquilla, lo ha fatto entrare: la ragazza viene trovata con la testa fracassata da un oggetto contundente che - come spesso accade nei delitti di difficile soluzione - non sarà mai trovato.
E’ lo stesso Soracco a trovare la ragazza in fin di vita. La corsa al reparto rianimazione dell’ospedale S. Martino è inutile: Nada muore sei ore più tardi.
Sono i medici che soccorrono Nada a stabilire che la ragazza è stata vittima di una aggressione e non di un incidente, come inizialmente sembrava: scattano le indagini, ma nel frattempo - come purtroppo spesso ancora avviene - la scena del delitto è stata irrimediabilmente inquinata: le tracce di sangue sulle scale del palazzo sono state lavate, così come quelle lasciate nell’ufficio.
Le indagini si concentrano sul più facile dei sospettabili, cioè proprio il datore di lavoro di Nada, Marco Soracco. Il commercialista ha 34 anni, è laureato in economia e commercio e da qualche anno ha aperto a Chiavari uno studio molto avviato. Riservato, educato, scapolo e cattolico, vive con la madre e la zia nello stesso caseggiato dove si trova l’ufficio, al piano superiore. Il padre, scomparso due anni prima, era stato direttore del dazio e quindi responsabile dell’ufficio anagrafe del Comune di Chiavari.
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martedì 31 gennaio 2017
Lo strano suicidio di Luigi Tenco
Resta e resterà per sempre un mistero.
La morte di Luigi Tenco è stato un suicidio o un omicidio? Di certo rimarrà l’emblema di una delle inchieste investigative più pasticciate e demenziali che si siano mai svolte in Italia.
L’inchiesta ufficiale, comunque, ha detto: suicidio. Concludendosi con un decreto di archiviazione che non lascia dubbi: nella notte tra il 26 e il 27 gennaio 1967, il cantautore Luigi Tenco si tolse la vita con un colpo di pistola alla tempia destra nella stanza 219 dell’Hotel Savoy di Sanremo. Durante le giornate del Festival.
Tenco aveva cantato in coppia con Dalida una canzone francamente brutta, “Ciao, amore ciao”. Poi, visibilmente depresso, era andato a cena con la stessa Dalida, il suo produttore Paolo Dossena e altri amici, ma giunto al ristorante aveva deciso di tornare in albergo. Da questo momento cominciano i pasticci investigativi.
“All’1.40 - ha scritto Aldo Fegatelli Colonna in una recente biografia - Tenco è ancora vivo. Dalida riferirà al commissario Molinari di essere entrata nella stanza di Tenco tra le 2.00 e le 2.10. Il dottor Borelli, che ne constata il decesso, è arrivato sul posto alle 2.45 e presume che la morte risalga a quindici-venti minuti prima al massimo, cioè non prima delle 2.25. Ci sono due “buchi”, uno di dieci minuti, l’altro di mezz’ora”.
La porta della stanza 219 è accostata e con la chiave nella toppa esterna.
Ai primi soccorritori Dalida appare mentre alza da terra il busto di Luigi e lo abbraccia. E’ un flash d’agenzia a diffondere la notizia della morte del cantautore, dando per certa la tesi del suicidio. Il primo inquirente a giungere sul posto è il vicedirigente del commissariato di Sanremo, Arrigo Molinari, il cui nome (detto per inciso), anni dopo, finirà nelle liste della P2.
Il cadavere, stranamente, viene subito trasferito all’obitorio e poi riportato in albergo, dal momento che gli investigatori si sono dimenticati (sembra incredibile!) di “fare effettuare i rilievi fotografici essenziali per la completezza del fascicolo da trasmettere alla Procura”.
Tenco è stato ucciso da un colpo di calibro 22, la stessa pistola che stringe in pugno, ma nella sua stanza viene trovata anche un’altra arma: una Walter Ppk. Salta fuori che la sera prima di morire Tenco aveva vinto al casino circa 6 milioni delle vecchie lire. Nella stanza del Savoy c’era solo un assegno da 100 mila lire di un collaboratore. Suicidio dunque o omicidio?
L’archiviazione, come detto, non ha esitazioni: suicidio.
Prima di morire Luigi Tenco scrive un biglietto che verrà riconosciuto come scrtto da lui da una perizia grafoscopica fatta, però, solo nel 1990, cioè ben 23 anni dopo la sua morte. Nel biglietto è scritto: “Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda “Io, tu e le rose” in finale e una commissione che seleziona “La Rivoluzione”. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi”.
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La morte di Luigi Tenco è stato un suicidio o un omicidio? Di certo rimarrà l’emblema di una delle inchieste investigative più pasticciate e demenziali che si siano mai svolte in Italia.
L’inchiesta ufficiale, comunque, ha detto: suicidio. Concludendosi con un decreto di archiviazione che non lascia dubbi: nella notte tra il 26 e il 27 gennaio 1967, il cantautore Luigi Tenco si tolse la vita con un colpo di pistola alla tempia destra nella stanza 219 dell’Hotel Savoy di Sanremo. Durante le giornate del Festival.
Tenco aveva cantato in coppia con Dalida una canzone francamente brutta, “Ciao, amore ciao”. Poi, visibilmente depresso, era andato a cena con la stessa Dalida, il suo produttore Paolo Dossena e altri amici, ma giunto al ristorante aveva deciso di tornare in albergo. Da questo momento cominciano i pasticci investigativi.
“All’1.40 - ha scritto Aldo Fegatelli Colonna in una recente biografia - Tenco è ancora vivo. Dalida riferirà al commissario Molinari di essere entrata nella stanza di Tenco tra le 2.00 e le 2.10. Il dottor Borelli, che ne constata il decesso, è arrivato sul posto alle 2.45 e presume che la morte risalga a quindici-venti minuti prima al massimo, cioè non prima delle 2.25. Ci sono due “buchi”, uno di dieci minuti, l’altro di mezz’ora”.
La porta della stanza 219 è accostata e con la chiave nella toppa esterna.
Ai primi soccorritori Dalida appare mentre alza da terra il busto di Luigi e lo abbraccia. E’ un flash d’agenzia a diffondere la notizia della morte del cantautore, dando per certa la tesi del suicidio. Il primo inquirente a giungere sul posto è il vicedirigente del commissariato di Sanremo, Arrigo Molinari, il cui nome (detto per inciso), anni dopo, finirà nelle liste della P2.
Il cadavere, stranamente, viene subito trasferito all’obitorio e poi riportato in albergo, dal momento che gli investigatori si sono dimenticati (sembra incredibile!) di “fare effettuare i rilievi fotografici essenziali per la completezza del fascicolo da trasmettere alla Procura”.
Tenco è stato ucciso da un colpo di calibro 22, la stessa pistola che stringe in pugno, ma nella sua stanza viene trovata anche un’altra arma: una Walter Ppk. Salta fuori che la sera prima di morire Tenco aveva vinto al casino circa 6 milioni delle vecchie lire. Nella stanza del Savoy c’era solo un assegno da 100 mila lire di un collaboratore. Suicidio dunque o omicidio?
L’archiviazione, come detto, non ha esitazioni: suicidio.
Prima di morire Luigi Tenco scrive un biglietto che verrà riconosciuto come scrtto da lui da una perizia grafoscopica fatta, però, solo nel 1990, cioè ben 23 anni dopo la sua morte. Nel biglietto è scritto: “Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda “Io, tu e le rose” in finale e una commissione che seleziona “La Rivoluzione”. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi”.
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mercoledì 25 gennaio 2017
Il mondo finirà nel 2017: arriva l'eclissi dell'Apocalisse
L'eclissi solare totale che interesserà gli USA nell'agosto 2017 dovrebbe segnare l'inizio dell'Apocalisse
Il 21 agosto del 2017 è prevista una grande eclissi di Sole che, secondo alcuni teorici, segnerà l’inizio dell’Apocallise e la conseguente fine del mondo. L’eclissi sarà totale in tutti gli Stati Uniti, e sarà la prima volta in oltre un secolo che gli interi USA resteranno al buio. Quanto basta secondo alcuni per prendere in mano l’ultimo libro della Bibbia, l’Apocallise di Giovanni, e cercare i segni della fine del mondo. Effettivamente nel testo, noto anche come Libro delle Rivelazioni, si parla di una donna incinta, vestita di raggi di Sole e con la Luna ai suoi piedi. La donna sarà cacciata da un drago a sette teste, che vorrà mangiarne il figlio, ma verrà salvata da un esercito di angeli.Bisogna sottolineare che lo stesso libro dice chiaramente che nessuno può conoscere la data esatta dell’Apocalisse, ma ad ogni insolito fenomeno celeste c’è sempre qualcuno che lancia moniti allarmistici. Nel 2017 cadrà però anche un anniversario che suona come una sinistra coincidenza: lo stato di Israele, istituito nel 1947 dopo la Seconda Guerra Mondiale, compirà 70 anni, la durata esatta di una generazione biblica. Pare che anche un rabbino del XII secolo, Judah Ben Samuel, abbia predetto la fine del mondo per il 2017.
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mercoledì 4 gennaio 2017
Approfondimenti su leggende, miniere e ... misteri della Garfagnana
La recente trasmissione Mistero, con
un servizio sulle miniere del Trimpello di Fornovolasco e la
partecipazione di alcuni membri della nostra associazione, ci ha donato,
nel bene e nel male, qualche giorno di focus mediatico.
Senza
dubbio le esigenze di copione e lo spirito della trasmissione hanno
portato ad esagerare e caricare oltre misura alcuni aspetti; tuttavia
per alcuni giorni c’è stata un’attenzione particolare sulle Miniere e
sulla Chiesaccia; per quest’ultima speriamo semmai che qualcuno si
decida a mettere in atto gli opportuni interventi di recupero,
altrimenti tra qualche anno non rimarranno nemmeno i ruderi.
La nostra associazione, come insito
nel nome che ci siamo dati (il Buffardello è il folletto della
Garfagnana), ha dedicato fin dalla nascita molte energie allo studio ed
all’approfondimento delle leggende nella tradizione popolare.
In
questo senso riteniamo opportuno fare alcune precisazioni. In
riferimento alla leggenda della Chiesaccia, si precisa che nella
tradizione popolare locale si parla al massimo di monaci che depredavano
i viandanti, sicuramente non di cannibalismo, fenomeno riferito semmai
in alcune storie dell’Appennino Tosco Emiliano.
Alcune
considerazioni merita anche la leggenda relativa al crollo di una
miniera, con relativa sepoltura dei minatori, che sarebbe avvenuta
alcuni secoli fa; il fatto, secondo la leggenda popolare, sarebbe
avvenuto nella miniera del Balzone (attualmente è conosciuto come
Balzone una cascata d’acqua lungo il Canale delle Randine, affluente di
dx della Turrite di Gallicano).
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domenica 1 gennaio 2017
Il pianeta dei misteri, la 7 cose più strane trovate su Marte
Piramidi, figure umane e persino un cucchiaio... Marte non smette di affascinare con i suoi misteri
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Segnali di fumo da Marte
C’è vita su Marte: ecco il video della Nasa che lo dimostrerebbe
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Aprile da un eccesso all’altro: modello americano dal caldo al freddo improvviso
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