L'uomo di Neanderthal sarebbe stato vittima dell'inversione del campo magnetico della Terra: una nuova, bizzarra (e contestata) ipotesi sull'estinzione dei nostri sfortunati cugini europei, uccisi dall'eccesso di raggi UV.
La scomparsa di una specie umana a noi così vicina, quella dell'uomo di Neanderthal (Homo neanderthalensis), alimenta da sempre la ricerca scientifica per cercare di capire quanto accadde poco meno di 40.000 anni fa. Le certezze non ci sono, ma si va dalla persecuzione diretta da parte della nostra specie, i sapiens, al cambiamento climatico (e quindi ambientale) che avrebbe decimato le prede di cui i neandertaliani si nutrivano, fino alla lenta sostituzione ecologica da parte dei sapiens, più fertili del cugino europeo. Un'altra ipotesi ancora attribuisce la scomparsa dei neanderthal alla maggior complessità culturale dell'Homo sapiens, che già aveva una comunicazione più efficace e società più ampie e complesse. Insomma, ai paleoantropologi non è mancata la fantasia, accompagnata sempre da prove scientifiche solide, benché mai definitive.
L'IPOTESI GEOMAGNETICA. Alla serie di note teorie si aggiunge ora una spiegazione in chiave geochimica ad opera di due paleomagnetisti, Jim Channell e Luigi Vigliotti: i due ricercatori (che ammettono di non avere esperienza di paleoantropologia) hanno esposto la loro tesi su Reviews of Geophysics.
L'idea di Channell e Vigliotti prende avvio da alcuni eventi delle ultime centinaia di migliaia di anni, quando il campo magnetico della Terra si è indebolito e a volte invertito: in quelle occasioni, la relativa minore intensità del campo magnetico ha esposto il pianeta a un maggiore flusso di radiazioni ultraviolette (UV) solari.
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