giovedì 22 aprile 2021

Caso Vannini, parla Federico Ciontoli: “Pronto a pagare ma non è andata come scritto dai giudici”

Abbiamo incontrato Federico Ciontoli, a pochi giorni dalla sentenza di Cassazione che dovrà decidere se è colpevole e deve andare in carcere. I giudici della Seconda Corte di Assise di Appello lo hanno condannato a 9 anni e 4 mesi di carcere per concorso anomalo in omicidio volontario per la morte di Marco Vannini.

Il 3 maggio la Cassazione potrebbe mettere la parola fine su uno dei casi di cronaca che più ha mobilitato l'opinione pubblica: l’omicidio di Marco Vannini. Due processi e un annullamento con rinvio richiesto dai giudici di piazza Cavour. La vicenda la conosciamo ormai tutti. La sera del 17 maggio 2015 Marco è a casa della fidanzata Martina a Ladispoli, sul litorale romano. Insieme a loro è presente il padre della ragazza Antonio, la madre Maria, il fratello Federico e la fidanzata di quest'ultimo Viola. Il giovane viene colpito da un colpo d'arma da fuoco mentre si trova nella vasca da bagno. A sparare è il suocero Antonio Ciontoli, che poi si difenderà prima dichiarando che l'arma gli sarebbe scivolata fino a poi ammettere di aver premuto il grilletto "per gioco" pensando fosse scarica. Il ritardo nei soccorsi, calcolato dai giudici come pari a 110 minuti, ha avuto un ruolo fondamentale per la sorte di Marco morto a soli 20 anni. "Gli imputati hanno messo in atto depistamenti" come la pulizia delle superfici delle pistole e del bossolo, della pulitura delle tracce di sangue e soprattutto nel luogo dove asseritamente era avvenuto il ferimento del giovane' e sono state ripetute le menzogne rivolte per circa 110 minuti ai soccorritori sia prima del loro intervento che al momento e che dopo",  hanno scritto i giudici della Seconda Corte di Assise di Appello nelle motivazioni che hanno portato a quattro condanne: 14 anni ad Antonio Ciontoli per omicidio volontario con dolo eventuale e 9 anni e 4 mesi alla moglie e ai due figli per concorso anomalo in omicidio volontario.

Abbiamo incontrato Federico Ciontoli, a pochi giorni dalla sentenza di Cassazione che dovrà decidere sulla sua colpevolezza, aprendo eventualmente per lui le porte del carcere. All'epoca dell'omicidio aveva 23 anni mentre oggi, alla soglia dei 30, attende il giudizio degli ermellini.

L'attesa della sentenza di Cassazione
"Non voglio sfuggire alle mie responsabilità, se la Cassazione sceglierà che io debba andare in carcere, ci andrò perché è giusto che sia così". Dice senza batter ciglio Federico Ciontoli. E spiega poi perché ha deciso di esporsi pubblicamente a quasi 6 anni dall'omicidio, sia sui social che attraverso questa intervista, perché pur sostenendo di volersi assumere le proprie responsabilità ritiene che la verità giudiziaria scritta finora dai giudici non corrisponda al vero: "Il motivo per cui sto raccontando è semplicemente perché mi sembra tutto assurdo, penso che sia importante raccontare come sono andate veramente le cose".

Il rumore dello sparo
Come è stato possibile non riconoscere il rumore di un colpo di pistola all'interno della stessa casa? Questa è una delle principali domande che in tanti, giornalisti e non, si sono posti seguendo l'inchiesta e il dibattimento in aula, tra perizie e controperizie. Un rumore forte che è stato udito anche dai vicini. Federico si difende affermando che non si è trattato di uno sparo standard. "In condizioni normali probabilmente sarebbe stato diverso ma stiamo parlando di un'arma maltenuta e con all'interno proiettili dell'82. Quando c'è stato lo sparo io mi trovavo in camera mia con Viola. Stavamo vedendo un film sul letto, la porta era chiusa e quando ho sentito quel rumore non ero neanche sicuro che provenisse da casa mia. Mi sono deciso ad alzarmi quando ho sentito subito un vociare provenire dal bagno".

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