Il golpe di Wagner si ferma a 200 km da Mosca: la mossa di Putin, il ritorno di Lukashenko e la vittoria di Prigozhin. Che cambia gli assetti del potere al Cremlino
Una giornata folle, forse la più dura per Vladimir Putin dall’inizio dell’operazione speciale in Ucraina. Perché a essere messa in discussione per la prima volta è stata la leadership stessa del numero uno del Cremlino. Che alla fine – questo raccontano le cronache ufficiali – ha dovuto cedere all’uomo che da alleato fedele è diventato la peggiore minaccia: Yevgeny Prigozhin, il capo dei mercenari delle milizie Wagner. Il vincitore è lui: se le notizie che filtrano dai canali Telegram fossero confermate, l’ex cuoco di Putin avrebbe portato a casa successi inimmaginabili prima di oggi: la cacciata dei suoi acerrimi nemici Shoigu e Gerasimov (rispettivamente ministro della Difesa e capo di stato maggiore dell’esercito) e la messa in sicurezza di tutto il Gruppo Wagner (compresa l’immunità per chi ha partecipato alla marcia su Mosca di oggi). Altra faccia della medaglia è la forte perdita di credibilità del presidente russo, costretto ad accettare gli aut aut di Prigozhin pur di fermare l’avanzata dei suoi mercenari sulla capitale, che già si stava preparando al peggio.
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