E’ il 6 maggio 1996. Sono da poco passate le 9.00. Nada Cella, impiegata 24enne, viene trovata barbaramente assassinata nell’ufficio del suo datore di lavoro, il commercialista Marco Soracco, a Chiavari (GE).
La ragazza aveva appena aperto l’ufficio e acceso il computer. Presumibilmente, il suo assassino ha suonato alla porta e Nada,
tranquilla, lo ha fatto entrare: la ragazza viene trovata con la testa
fracassata da un oggetto contundente che - come spesso accade nei
delitti di difficile soluzione - non sarà mai trovato.
E’ lo stesso Soracco a trovare la ragazza in fin di vita. La corsa al reparto rianimazione dell’ospedale S. Martino è inutile: Nada muore sei ore più tardi.
Sono i medici che soccorrono Nada
a stabilire che la ragazza è stata vittima di una aggressione e non di
un incidente, come inizialmente sembrava: scattano le indagini, ma nel
frattempo - come purtroppo spesso ancora avviene - la scena del delitto è
stata irrimediabilmente inquinata: le tracce di sangue sulle scale del
palazzo sono state lavate, così come quelle lasciate nell’ufficio.
Le indagini si concentrano sul più facile dei sospettabili, cioè proprio il datore di lavoro di Nada, Marco Soracco.
Il commercialista ha 34 anni, è laureato in economia e commercio e da
qualche anno ha aperto a Chiavari uno studio molto avviato. Riservato,
educato, scapolo e cattolico, vive con la madre e la zia nello stesso
caseggiato dove si trova l’ufficio, al piano superiore. Il padre,
scomparso due anni prima, era stato direttore del dazio e quindi
responsabile dell’ufficio anagrafe del Comune di Chiavari.
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