È straordinario pensare di riuscire a ricostruire la vita o parte dei trascorsi di uomini vissuti anche più di 3000 anni fa, soprattutto se i riferimenti ad essi sono pochi.
Perché anche se la valle del Nilo ha dato origine ad una civiltà che curava in modo molto particolare il passaggio oltre la vita, conservando i defunti insieme a molteplici oggetti, allo stesso modo il misticismo che avvolge la cultura egizia ha creato dei grandi vuoti che la storia e l’archeologia tentano pazientemente di colmare.
Su Imhotep gli storici si esprimono in modo quasi univoco nella ricostruzione della sua vita, nonostante i pochi, ma fondamentali, elementi giunti a noi, sparsi tra Antico, Medio e Nuovo regno.
Se il suo nome viene ricordato come quello dei faraoni è perché non è stato un semplice servitore, ma qualcosa di più: un semidio e poi Dio
Le sue origini non sono ancora ben note e creano di fatti un punto interrogativo che si propaga nelle speculazioni su tutto il resto della sua vita.
Probabilmente nato in una famiglia di umili origini, anche se i natali nobili spiegherebbero più semplicemente le posizioni nell’amministrazione ricoperte poi in futuro.
La sua nascita viene individuata alla fine della II Dinastia, all’incirca nel 2700 a.c. e visse per di più sotto il regno del faraone Djoser o Zoser della III Dinastia.
Sono noti i nomi dei genitori: il padre Kanofer e la madre Khereduankh che si videro trasformati o spodestati dal ruolo di genitori quando la figura di Imhotep iniziò ad assumere tratti divini.
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