«Assurda e immorale», la definisce don Daniele Pinton, il sacerdote che segue i parenti delle persone che persero la vita nel terremoto del 2009, «tutti ci dicevano di stare tranquilli. La visita del Papa ad agosto? È stata una carezza per queste persone e tutti noi»
Don Daniele Pinton è l’assistente spirituale dei familiari delle vittime del terremoto che la notte tra il 5 e 6 aprile 2009 a L’Aquila provocò 309 morti, oltre 1.600 feriti e più di 10 miliardi di euro di danni. Secondo la sentenza del 9 ottobre scorso, firmata dal giudice Monica Croci del Tribunale civile dell'Aquila, alcune delle vittime del sisma furono imprudenti a non uscire di casa dopo la seconda scossa in meno di due ore, quella di magnitudo 3,5 che precedette di qualche ora l'evento sismico disastroso delle 3.32 di magnitudo 6,3. Secondo i giudici, fu «una condotta incauta trattenersi a dormire» e, quindi, c'è «un concorso di colpa» per le persone morte nel crollo dell'edificio di via Campo di Fossa.
Una sentenza choc che ha suscitato polemiche in tutta Italia, arrivata al termine del procedimento avviato dai familiari dei ragazzi morti nel crollo: avevano citato in giudizio i ministeri dell'Interno e delle Infrastrutture, il Comune dell'Aquila e gli eredi del costruttore, ma il Tribunale ha riconosciuto una corresponsabilità delle vittime del 30%, misura di cui verrà decurtato il risarcimento danni stabilito.
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