domenica 18 aprile 2021

Cadavere decapitato nel Po, forse è lo scomparso Stefano Barilli. Il biglietto: “Mi sono suicidato”

Il tragico ritrovamento nel Po, sul versante lombardo a Caselle Landi tra le province di Lodi e Cremona. Nelle tasche della vittima sarebbero stati trovati i documenti personali e un biglietto che annunciava il suicidio. Potrebbe trattarsi di Stefano Barilli, il 23enne di Piacenza scomparso a febbraio. La sua storia si era intrecciata con quella di Alessandro Venturelli, 20enne di Sassuolo, di cui si sono perse le tracce a dicembre.

Potrebbe essere ad una svolta il giallo della scomparsa di Stefano Barilli, il 23enne piacentino che aveva fatto perdere le proprie tracce lo scorso 8 febbraio e la cui sparizione si era intrecciata con quella di Alessandro Venturelli, 20 anni, di Sassuolo, di cui si sono perse le tracce a dicembre 2020. Nella tarda mattina di ieri, 17 aprile, una cadavere decapitato è riaffiorato nel Po, sul versante lombardo a Caselle Landi tra le province di Lodi e Cremona. Sul posto sono giunti i carabinieri della stazione di Codogno e i vigili del fuoco di Lodi e Cremona per il recupero del corpo. Nelle tasche del pantalone gli inquirenti hanno trovato alcuni documenti che porterebbero a pensare che si possa trattare di Stefano Barilli. Come riporta Il Giorno, tra i vestiti del ragazzo ci sarebbe anche un biglietto con un messaggio per preannunciare il gesto estremo. Lo stato di decomposizione del corpo sarebbe peraltro compatibile con i tempi della scomparsa. Lunedì verrà effettuata l'autopsia per capire come è avvenuto il decesso.


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giovedì 15 aprile 2021

LA MISTERIOSA ABBAZIA DI LUCEDIO E LE SUE LEGGENDE

Questa storia parla di possessioni demoniache, di un’abbazia i cui monaci furono liberati con un esorcismo e i loro corpi trasformati in mummie, di un sigillo che imprigiona Satana e di una chiave per poterlo liberare.

Dove’è il Principato di Lucedio?

Siamo nel comune di Trino, ai confini delle terre aleramiche del Monferrato Casalese, in Piemonte.

In mezzo a distese di campi coltivati a riso, anticamente chiamate grange, si specchia nelle basse e fertili acque il complesso monastico di Lucedio, fondato dai monaci cistercensi nell’anno 1123.

La storia del Principato di Lucedio

Ai confini estremi dell’allora Marchesato del Monferrato, questa confraternita di monaci godeva di pieni poteri e grandi libertà.
Fin da subito si distinse da ogni altra abbazia europea per il comportamento latifondista assunto dai monaci, che ben poco aveva a che spartire con i dogmi della Chiesa Romana.

Dopo la fondazione dell’abbazia, infatti,  furono i monaci cellerari a provvedere immediatamente, grazie alla forza lavoro di liberi agricoltori detti mercenari, all’occupazione e alla bonifica delle zone paludose circostanti (chiamate locez, da cui il nome Lucedio).

Poi, per non contravvenire alle regole imposte dalla Chiesa che impedivano la proprietà e lo sfruttamento diretto delle terre, gli scaltri monaci affidarono lotti di terreno a fratelli conversi laici (veri e propri latifondisti). Essi a loro volta si servivano del lavoro degli agricoltori mercenari per far fruttare le grange. Periodicamente i fratelli conversi versavano i tributi e una parte del ricavato del raccolto direttamente nelle casse dell’Abbazia.

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lunedì 12 aprile 2021

La mummia egizia Takabuti uccisa da un colpo d'ascia

L'arma del delitto identificata dopo 2.600 anni

Potrebbe essere stato un colpo d'ascia inferto alle spalle da un soldato, e non una semplice coltellata, a uccidere 2.600 anni fa Takabuti, la donna della celebre mummia egizia conservata all'Ulster Museum di Belfast, in Irlanda del Nord. Lo suggeriscono i risultati delle ultime indagini scientifiche pubblicati in un libro dall'egittologa Rosalie David dell'Università di Manchester e dalla bioarcheologa Eileen Murphy della Queen's University di Belfast.

Analisi del Dna, tac, radiografie e datazione al radiocarbonio sono solo alcune delle tecniche a cui le ricercatrici hanno sottoposto la mummia per poter ricostruire i suoi ultimi istanti di vita. La donna, sposata e di famiglia altolocata nell'antica città di Tebe, godeva di buona salute quando fu uccisa ad un'età compresa fra i 20 e i 30 anni. La morfologia della ferita e l'angolo con cui l'arma del delitto è penetrata nel corpo lasciano intendere che Takabuti sia stata uccisa non da una coltellata come ipotizzato in passato, bensì da un'ascia di tipo militare con una lama semicircolare lunga circa 7 centimetri.

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domenica 11 aprile 2021

Roopkund. Il misterioso lago degli scheletri che non smette di stupire

Il lago Roopkund, situato a 5.029 m di quota sull’Himalaya indiano, nella regione dell’Uttarkhand, è considerato da decenni un luogo del mistero. Nel 1942 furono infatti scoperti sulle sue sponde ben 200 scheletri, che sono diventati oggetto di congetture e studi scientifici. I dati di una ricerca scientifica, pubblicati nel 2019 sulla rivista Nature Communicationsgettano nuova luce sull’identità dei corpi.

Di contro all’ipotesi più accreditata negli scorsi decenni della morte collettiva delle 200 vittime, forse legata a una violenta grandinata, lo studio suggerisce che si siano verificati eventi distinti, su un arco temporale di circa 1000 anni. Un secondo dato sconvolgente è che alcune delle vittime mostrino tratti genetici tipici dell’area mediterranea.

Chi erano dunque questi 200 sventurati che il ghiaccio himalayano continua a conservare nel tempo? Andiamo a scoprirlo facendo un passo indietro. Dalla scoperta dei resti negli Anni Quaranta.

Il mistero del lago Roopkund

Nel 1942 un ranger britannico fece caso per la prima volta alla presenza di centinaia di scheletri umani sulle rive del lago glaciale Roopkund, un bacino di appena 40 metri di diametro per 2 di profondità. Un caso fortuito poiché per 11 mesi l’anno la zona resta ricoperta da ghiaccio e neve, nascondendo i resti. Tornato in seconda battuta sul posto per analizzare meglio la situazione, ne contò ben 200.

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martedì 6 aprile 2021

Giallo della Bolognina, ritrovati i resti di Biagio Carabellò: "Ucciso e buttato in un tubo"


Lettere anonime, un testamento falsificato, macchie di sangue in casa e dei resti umani trovati in un canale: nuovo capitolo nella vicenda del "giallo della Bolognina" sulla scomparsa di Biagio Carabellò, operaio di 46 anni di cui si sono perse le tracce il 23 novembre 2015. A 
Fanpage.it l'avvocato e la sorella riavvolgono il nastro sulla vicenda, con un appello: chi è a conoscenza di ulteriori dettagli, si faccia avanti, perchè è il momento giusto, sottolinea soprattutto il legale, Barbara Iannuccelli, visto che le dinamiche e gli equilibri che potevano far paura ad altri testimoni, in uno dei quartieri più popolari della città, non sono più gli stessi. Dopo la morte per cancro della fidanzata, di famiglia benestante, nel 2010, Biagio aveva attraversato un momento molto difficile, ma ne stava venendo fuori. Inspiegabile quindi l'allontanamento volontario. Sotto la lente di ingrandimento c'è anche un pregiudicato bolognese che ha vissuto con lui per circa un anno in una casa popolare vicino la stazione.

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Bologna, trovati resti umani in un parco: sarebbero di Biagio Carabellò, scomparso nel 2015



giovedì 1 aprile 2021

Denise Pipitone e Olesya Rostova sono la stessa persona? Tutti i dubbi alla prova del Dna

La notizia di una ragazza che alla tv russa ha raccontato di essere stata rapita da piccola ha riacceso la speranza di trovare Denise Pipitone, la bambina scomparsa da Mazara del Vallo nel 2004, la cui storia è stata affrontata da Chi l’ha visto? su Rai3. In 17 anni però sono stati tanti i presunti avvistamenti di Denise, purtroppo senza esito positivo, e anche in questo caso nonostante la somiglianza con Piera Maggio i dubbi non mancano.

"Vogliamo rimanere con i piedi ben piantati a terra, cautamente speranzosi, ma senza illuderci più di tanto. Anche perché le segnalazioni passate ci hanno mostrato che l'illusione non porta a nulla. In questi casi, ovviamente, l'unica cosa da fare è chiedere che venga fatto il Dna, ed è quello che noi chiederemo. È l'unica soluzione per fugare ogni dubbio”. A esprimersi così, sottolineando di non farsi illusioni, è Piera Maggio, la mamma della piccola Denise Pipitone, la bambina scomparsa a 4 anni da Mazara del Vallo (Trapani) la cui storia ieri sera è stata protagonista della trasmissione di Rai 3 "Chi l’ha visto?”.

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Chi è Behgjet Pacolli e cosa c’entra con la scomparsa di Denise Pipitone




mercoledì 31 marzo 2021

Omicidio Panaro: resti ritrovati, ma moglie e figli non ne sanno nulla per 30 anni

Alessandro Politi torna a parlarci dell’omicidio di ’ndrangheta dell’esponente politico Pompeo Panaro nel 1982 a Paola (Cosenza). Ci concentriamo su alcuni aspetti incredibili di questa storia. Si parte dall’archiviazione per molte delle persone indicate come responsabili da un pentito: per il pm sarebbero morte, risultano invece ancora vive. Ci sono poi il mistero sui resti, le parole clamorose del magistrato e le intimidazioni che subisce il figlio Paolo solo perché cerca la verità.

Torniamo a parlarvi con Alessandro Politi ,dopo il primo servizio, del caso misterioso e incredibile di Pompeo Panaro. L’esponente politico è stato ucciso nel 1982 a Paola (Cosenza). La sua morte era stata considerata una “lupara bianca”, ovvero un omicidio senza il ritrovamento del cadavere.

A quanto ci racconta la famiglia, il corpo di Panaro era stato invece ritrovato nel 1983 senza che moglie e figli ne sapessero nulla. Nel 2013 il figlio Paolo è riuscito a rompere il silenzio sulla vicenda. È stato rinviato a giudizio uno dei suoi presunti assassini, il collaboratore di giustizia Giuliano Serpa (il procedimento è finito poi con il suo proscioglimento per prescrizione). 

Il pentito aveva indicato altri presunti responsabili dell’omicidio. Nella richiesta di rinvio a giudizio, nel decreto di archiviazione e nella sentenza di Corte d’Assise questi vengono sempre indicati come deceduti. Dei nove solo tre sarebbero però effettivamente morti, racconta il figlio della vittima alla Iena: gli altri sarebbero vivi. 

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La storia di Pompeo Panaro, il consigliere comunale ucciso dalla ndrangheta a Paola





Chi è Chico Forti

Chico Forti, pseudonimo di Enrico Forti ( Trento ,  8 febbraio   1959 ), è un ex  velista  e  produttore televisivo   italiano . Nel 1998, F...