E’ proprio così anche la Calabria ha i suoi misteri, e tocca a me
quest’oggi, introdurre il viaggiatore del XXI secolo nel fitto mistero
che aleggia su Tiriolo.
Nella nostra Calabria esiste nel declivio nord della collina, esattamente nelle contrade Tozzina e Santa Caterina,
una vera e propria necropoli di cinque-seimila anni fa, quindi di
un’epoca di molto anteriore all’arrivo dei Greci (circa ottocento anni
prima di Cristo). Ecco che chi di dovere, che ha parlato per primo di
questa necropoli è stato don Emilio Prioglio, proprietario di una parte
della Tòzzina.
La cosa che allora sembrava esagerata, ma che comunque fu riferita –
con una vera e propria relazione – alla Soprintendenza alle Antichità
di Reggio Calabria (diretta allora da De Franciscis )- fu che lo stesso
Prioglio parlava di “tombe di giganti”. “Una tibia trovata in una di
queste tombe” disse don Emilio “mi arrivava addirittura a metà femore”.
Cioè a metà coscia ; ed era dunque, di una lunghezza spropositata,
considerando anche che don Emilio Prioglio, piemontese, era alto.
Un operaio, Peppino Paparo, arrivò a dire che uno scheletro era lungo
addirittura circa due metri e sessanta .Si trovò un intero cranio
completo di mascelle inferiore e superiore che presentavano tutti i
denti e che gli sembrò veramente grande.
Si fece vedere quel cranio al dott,. Ferrari, medico del paese, il
quale a sua volta scese alla Tozzina e filmò quello che c’era nella
tomba. Le mascelle finirono, grazie a Dario Leone di Nicastro, studioso
di antropologia, prima alla Soprintendenza alle antichità di Reggio,
all’attenzione del prof. Tinè; da questi furono quindi inviate
all’Istituto di Paleontologia Umana di Roma-via Giulio Caccini- e infine
da qui spedite, per un ulteriore studio, a Firenze – Istituto di
Antropologia- dove furono affidate alla professoressa Massari.
Tutto questo successe a Tiriolo centro agricolo della Sila piccola,
situato a nord dell’ istimo di Catanzaro, sopra un poggio che segna
displuvio, tra la valle del fiume Amato, sul versante tirrenico e quella
del fiume Corace sul versante ionico.
Continua qui
lunedì 10 ottobre 2016
mercoledì 21 settembre 2016
Un fotografo ha trovato delle statue inquietanti abbandonate in mezzo a una foresta
Esiste anche in Giappone l'equivalente dell'esercito di terracotta. Ken Ohki è il fotografo che nelle foreste giapponesi ha scoperto l'esercito
sabato 10 settembre 2016
Murlo
Il Cappellone, enigmatica statua etrusca diventata il simbolo di Murlo |
Una bella escursione nei dintorni di Siena porta a Murlo, piccolo e intatto
borgo medievale che per secoli fu feudo dei vesscovi di Siena.
E' famoso perché i pochi abitanti hanno conservato il patrimonio genetico degli Etruschi.
Sulla vicina collina, infatti, è stata fatta una delle più importanti scoperte di questa
civiltà: un grande palazzo principesco circondato da botteghe artigiane.
Affascinante il Museo etrusco di Murlo, chiamato "Antiquarium di Poggio Civitate":
a differenza di altri musei etruschi, non mostra reperti provenienti da tombe, ma oggetti della vita quotidiana
e strane statue uniche nel loro genere, diventate il simbolo di questo borgo.
Il territorio di Murlo, immutato feudo del vescovo di Siena dal XII al XVIII secolo, può
essere meta di piacevoli escursioni in un paesaggio di rara e selvaggia bellezza.
In agriturismo sono disponibili le mappe per le escursioni nella zona, che portano per esempio
al suggestivo eremo di Montespecchio, al percorso della vecchia ferrovia della miniera di lignite,
ai resti di castelli, eremi e mulini che fanno immaginare l'antica ricchezza di questo territorio.
Visita al castello di Murlo
Murlo ha perfettamente conservato il suo antico aspetto
medievale: è un piccolo borgo, abitato da qualche
decina di persone, racchiuso nella sua cinta muraria inglobata nelle
abitazioni, su un cucuzzolo situato sulla linea di confine tra i
campi aperti delle Crete Senesi
ed il manto boscoso delle Colline Metallifere.
Appena arrivati sotto il paese, c'è un parcheggio gratuito che
un
recente intervento di "riqualificazione" ha realizzato assieme ad una
poco comprensibile rotatoria al posto di un ampio piazzale.
Ai margini del parcheggio c'é un'area per l'archeologia sperimentale dedicata alle tecniche di lavorazione
dei bronzi antichi, con un forno verticale ed una fossa di fusione realizzati negli anni '90.
Entrati nella porta medievale, si apre una piazza irregolare sulla quale si affacciano
la piccola Chiesa di San Fortunato ed il possente Palazzo Vescovile, per molti secoli dimora dei vescovi di Siena
ed oggi sede del Museo Etrusco di Murlo.
L'Antiquarium
La più importante attrazione culturale di Murlo è l'Antiquarium, un moderno museo dove sono
conservati i reperti archeologici rinvenuti nel vicino insediamento etrusco, una delle più importanti scoperte di
questa civiltà: un grande palazzo appartenente ad un principe locale, con annessi laboratori di artigiani del ferro,
bronzo, alabastro, terracotta e avorio.
L'Antiquarium è un museo etrusco diverso dagli altri: qui si ha la percezione della
vita quotidiana degli Etruschi perchè sono esposti bellissimi oggetti della vita domestica e delle attività
artigiane giornaliere, e non solo reperti provenienti dalle tombe come generalmente accade.
Eccezionali le statue di terracotta di grandezza umana che ornavano il tetto
del palazzo principesco: sono arrivate fino a noi la sfinge, il gorgone e sopratutto il misterioso "Cappellone",
una statua umana con un grande copricapo simile ad un sombrero, diventata il simbolo di Murlo:
attenti a non farvela sfuggire, perché si trova nel salone di ingresso, dove c'è la biglietteria.
Continua qui
giovedì 1 settembre 2016
La daga di Tutankhamon viene dallo Spazio
Una ricerca italo-egiziana ha dimostrato che la lama scoperta nella
tomba dell’antico faraone è composta di ferro proveniente da un
meteorite. Gli egizi conoscevano già l’origine extraterrestre di queste
pietre
La tomba di Tutankhamon continua a riservare sorprese. Tra gli oggetti scoperti nel luogo di sepoltura del faraone bambino vi è infatti una daga di ferro risalente al XIV secolo a.C. (come il resto della tomba), che secondo una nuova ricerca italo-egiziana sarebbe stata realizzata con materiali provenienti da un meteorite. La scoperta, pubblicata sulla rivista Mereoritics and Planetary Science, indicherebbe che gli antichi egizi avevano imparato a sfruttare questa fonte di metalli nativi, e che avrebbero potuto conoscerne l’origine celeste quasi due millenni prima delle popolazioni occidentali.
La daga in questione fu scoperta nel 1922, quando la tomba (praticamente inviolata) fu esplorata per la prima volta. Per decenni, gli archeologi hanno sospettato che potesse essere stata prodotta utilizzando materiali meteorici: nell’antico Egitto infatti il ferro era un materiale più raro dell’oro. Non che mancasse la materia prima, spiegano gli autori della nuova ricerca, ma i procedimenti necessari per ottenere questo metallo a partire dai minerali ferrosi (la forma in cui si trova il ferro sulla superficie del nostro pianeta) erano probabilmente sconosciuti, o poco utilizzati.
Continua qui
La tomba di Tutankhamon continua a riservare sorprese. Tra gli oggetti scoperti nel luogo di sepoltura del faraone bambino vi è infatti una daga di ferro risalente al XIV secolo a.C. (come il resto della tomba), che secondo una nuova ricerca italo-egiziana sarebbe stata realizzata con materiali provenienti da un meteorite. La scoperta, pubblicata sulla rivista Mereoritics and Planetary Science, indicherebbe che gli antichi egizi avevano imparato a sfruttare questa fonte di metalli nativi, e che avrebbero potuto conoscerne l’origine celeste quasi due millenni prima delle popolazioni occidentali.
La daga in questione fu scoperta nel 1922, quando la tomba (praticamente inviolata) fu esplorata per la prima volta. Per decenni, gli archeologi hanno sospettato che potesse essere stata prodotta utilizzando materiali meteorici: nell’antico Egitto infatti il ferro era un materiale più raro dell’oro. Non che mancasse la materia prima, spiegano gli autori della nuova ricerca, ma i procedimenti necessari per ottenere questo metallo a partire dai minerali ferrosi (la forma in cui si trova il ferro sulla superficie del nostro pianeta) erano probabilmente sconosciuti, o poco utilizzati.
Continua qui
sabato 9 luglio 2016
Video: le 10 scoperte archeologiche più misteriose di sempre
Non semplici rovine in luoghi disparati del mondo, ma veri e propri enigmi a cui ancora non si sono date risposte.
Obelischi sotto terra, piramidi sott'acqua, sfere di pietra nella giungla... Le scoperte archeologiche più sensazionali (e irrisolte) di sempre.
Continua qui
martedì 24 maggio 2016
A Stonehenge, gli studenti svelano il mistero della costruzione del cerchio megalitico
Gli allievi dell’University College di Londra hanno dimostrato che
poche persone possono trasportare per lunghe distanze pietre molto
pesanti
Il misterioso cerchio megalitico di Stonehenge non è stato così
difficile da costruire come sembrava. Gli studenti dell’University
College di Londra hanno dimostrato, sul prato della scuola, che poche persone possono trasportare per lunghe distanze pietre molto pesanti servendosi di tecnologie preistoriche, e in un lasso ragionevole di tempo.
Da anni gli studiosi si domandano come abbiano fatto tribù neolitiche di 4000-5000 anni fa a trasportare monoliti del peso di alcune tonnellate fino alla piana di Salisbury, in Inghilterra, dai monti Preseli che si trovano nel Galles, a più di 200 chilometri di distanza.
Una slitta su cui caricare le pietre
Gli studenti dell’UCL, guidati dal professor Mike Parker-Pearson, uno dei maggiori esperti di Stonehenge, hanno realizzato una slitta a forma di “Y”, sulla quale hanno caricato una pietra non così pesante come quelle del sito di Salisbury, ma comunque imponente. Trainando la slitta sopra a tronchi di legno, disposti come le traversine di un binario ferroviario, hanno scoperto che bastano una decina di persone per fare avanzare il megalito di circa un miglio (1,6 km) all’ora. L’esperimento è stato condotto in piano e in condizioni ideali, ma ha dimostrato che un centinaio di persone inviate sui Preseli da tribù che ne contavano migliaia avrebbe potuto benissimo trainare le pietre di Stonehenge fino a Salisbury in un tempo ragionevole.
Continua qui
Vittorio Sabadin
Da anni gli studiosi si domandano come abbiano fatto tribù neolitiche di 4000-5000 anni fa a trasportare monoliti del peso di alcune tonnellate fino alla piana di Salisbury, in Inghilterra, dai monti Preseli che si trovano nel Galles, a più di 200 chilometri di distanza.
Una slitta su cui caricare le pietre
Gli studenti dell’UCL, guidati dal professor Mike Parker-Pearson, uno dei maggiori esperti di Stonehenge, hanno realizzato una slitta a forma di “Y”, sulla quale hanno caricato una pietra non così pesante come quelle del sito di Salisbury, ma comunque imponente. Trainando la slitta sopra a tronchi di legno, disposti come le traversine di un binario ferroviario, hanno scoperto che bastano una decina di persone per fare avanzare il megalito di circa un miglio (1,6 km) all’ora. L’esperimento è stato condotto in piano e in condizioni ideali, ma ha dimostrato che un centinaio di persone inviate sui Preseli da tribù che ne contavano migliaia avrebbe potuto benissimo trainare le pietre di Stonehenge fino a Salisbury in un tempo ragionevole.
Continua qui
I misteriosi Cerchi delle Fate in Namibia
Uno dei più grandi enigmi della natura viene svelato dalla rivista Science.
Chiunque abbia avuto modo di misurarsi con il fascino di realtà mozzafiato come la Namibia
, inevitabilmente è tornato a casa con un senso di “nostalgia” noto come Mal d’Africa.
Gli occhi e il cuore sono infatti rimasti ancorati alle variopinte
immagini regalate da un paese che sembra racchiudere in sé il meglio del
continente africano: spazi infiniti, una ricca fauna e flora nonché un
vero e proprio mosaico di etnie, lingue e paesaggi incontaminati.
LEGGI ANCHE NAMIBIA: 5 COSE DA SAPERE PRIMA DI PARTIRE (Turismo.it)
A rimanere ben impresse nella mente sono soprattutto quelle realtà che hanno qualcosa di unico ed eccezionale da raccontare: muovendosi alla volta delle desertiche pianure della Namibia l’occhio non può che soffermarsi sui famosi Cerchi delle Fate. Con questo fiabesco nome si identificano quella sorta di anelli d’erba che si vanno a disegnare sul terreno desertico, figure che per la loro singolarità hanno richiamato l’attenzione di scienziati di ogni dove interessati a studiare e spiegare quello che risulta essere uno dei più grandi enigmi della natura.
Continua qui
Livia Fabietti
(nexta)
LEGGI ANCHE NAMIBIA: 5 COSE DA SAPERE PRIMA DI PARTIRE (Turismo.it)
A rimanere ben impresse nella mente sono soprattutto quelle realtà che hanno qualcosa di unico ed eccezionale da raccontare: muovendosi alla volta delle desertiche pianure della Namibia l’occhio non può che soffermarsi sui famosi Cerchi delle Fate. Con questo fiabesco nome si identificano quella sorta di anelli d’erba che si vanno a disegnare sul terreno desertico, figure che per la loro singolarità hanno richiamato l’attenzione di scienziati di ogni dove interessati a studiare e spiegare quello che risulta essere uno dei più grandi enigmi della natura.
Continua qui
Iscriviti a:
Post (Atom)
Meteo: Weekend, nuovo cambio di scenario tra Sabato 4 e Domenica 5 Maggio, gli aggiornamenti
Weekend: nuovo cambio di scenario per il Fine Settimana di Sabato 4 e Domenica 5 Maggio, con conseguenze per buona parte delle nostre region...
-
Il maltempo ha colpito anche la Val Borbera: in questa zona del Basso Piemonte si è alzato di molto il torrente qui lo si vede scorrere impe...
-
Aperta l'inchiesta. Il bilancio dell'esplosione è di 3 morti e 5 feriti. 4 i dispersi. L'acqua continua a salire. Il corteo di d...
-
Ipotesi cortocircuito per il rogo all’agriturismo: “Non ci fermeremo” Milena Coccon, titolare del caseificio “Il Boschetto” STAZZANO (AL) ...