Come spesso avviene quando si verificano catastrofi, come il
terremoto di questi giorni i Emilia, si innesca una affannosa ricerca
delle cause. Trovandole, si spera si possa impedire la ripetizione di
eventi simili. Nel caso del terremoto l’operazione non è così semplice:
le forze in gioco sono quelle del Pianeta Terra, e non sono facilmente
domabili. Ma non è facile accettare questo principio, tanto è vero che
c’è stata una rincorsa, spesso effettuata su basi poco scientifiche, ad
altri fattori responsabili.
I complottisti hanno dato la colpa all’Haarp (High Frequency Active Auroral Research Program)
un impianto segreto (ma in realtà non lo è: si trova a Fairbank,
Alaska) che ufficialmente si occupa di ricerche sulla ionosfera e sulle
onde radio. Per quanto parte della ricerca effettuata possa essere
segreta (è un sito militare) ed effettivamente alcune delle supposizioni
non siano ancora state chiarite, la possibilità che l’impianto possa
generare terremoti è in contrasto con le leggi della fisica. Questi
fenomeni infatti prevedono intensità energetiche che difficilmente
potrebbero essere generate dalle antenne presenti in Alaska. Inoltre il
campo geomagnetico viene generato dalla Terra a molte migliaia di
chilometri di profondità ed è isolato da strati di roccia.
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I perché della scienza: tutto ciò che c’è da sapere sul terremoto in Emilia
Tutti gli approfondimenti sui terremoti
sabato 2 giugno 2012
domenica 20 maggio 2012
In Guatemala il più antico calendario astronomico Maya
E' stato trovato in Guatemala, all'interno di un edificio parte di un
più ampio complesso residenziale, il più antico calendario astronomico
Maya. Oltre a calcoli, cicli lunari e di altri pianeti, sulle pareti
sono state trovate anche pitture rappresentanti uomini (Foto da National
Geographic)
Le foto
Le foto
domenica 6 maggio 2012
Misteriosa esplosione a Tunguska
A Tunguska nella foresta siberiana erano le 7 e 14 del mattino quando
apparve un misterioso fascio di luce che a pochi chilometri di altezza
esplose, mandando il fumo migliaia di chilometri quadrati di foresta e
facendo impazzire i sismografi di mezzo mondo. L’ipotesi oggi più
accreditata rimane quella dell’asteroide che ha colpito la Terra. Resta
tuttavia ancora inspiegabile il fatto che sul posto non siano mai state
ritrovati né crateri, né resti di meteoriti, un mistero che, alimentato
dalla fantasia, ha ispirato racconti di fantascienza e teorie su dischi
volanti e presenze extraterrestri.
Fonte
Fonte
Evento di Tunguska
Tunguska il Macchinario Alieno
martedì 1 maggio 2012
IL MISTERO DI EILEAN MORE
L’isola
degli uomini scomparsi
In pieno oceano Atlantico, a poco più di 100 km dalle isole Ebridi, si trovano le Isole Flannan, note ai viaggiatori come i ''sette cacciatori".
La più grande e la più settentrionale si chiama Eilean More, nome che, per l'appunto, significa "grande isola".
Al pari della nave Mary Celeste, questo nome è diventato sinonimo di uno dei grandi misteri del mare. Questo gruppo di isole desolate, venne battezzato San Flannan, da un vescovo del XVII secolo, il quale aveva eretto una cappella su Eilean More.
I
pastori delle Ebridi erano soliti trasferire le
loro greggi di pecore su queste isole per via
dei ricchi pascoli erbosi, ma non c'era uomo che
si azzardasse a trascorrervi anche una sola notte,
poiché si raccontava che quei luoghi erano
infestati dagli spiriti e abitati dal "piccolo
popolo". A partire dagli ultimi decenni del
XIX secolo, con il notevole incremento delle attività
inglesi lungo i muri, capitava sempre più
spesso che molte navi dirette da sud o da nord
sulla rotta di Clydebank, andassero a schiantarsi
contro le Flannan, tanto che nel 1895 la sezione
settentrionale della sovrintendenza ai fari annunciò
che sull'isola di Eilean More sarebbe sorto un
faro di riferimento per quella zona di mare. Prima
di dare il via ai lavori passarono due anni e
quando iniziarono fu impossibile rispettare i
tempi progettati. Il mare in continua tempesta
e la difficoltà di costruire su un picco
a oltre 60 m di altezza resero l'impresa difficile;
e così il faro di Eilean More venne inaugurato
soltanto a dicembre del 1899. Dall'anno successivo
il suo potente fascio di luce avrebbe illuminato
la striscia di mare compresa fra Lewis e le Flannan.
Però, undici giorni prima di Natale del
1900 il faro era già spento. Che era successo?In pieno oceano Atlantico, a poco più di 100 km dalle isole Ebridi, si trovano le Isole Flannan, note ai viaggiatori come i ''sette cacciatori".
La più grande e la più settentrionale si chiama Eilean More, nome che, per l'appunto, significa "grande isola".
Al pari della nave Mary Celeste, questo nome è diventato sinonimo di uno dei grandi misteri del mare. Questo gruppo di isole desolate, venne battezzato San Flannan, da un vescovo del XVII secolo, il quale aveva eretto una cappella su Eilean More.
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sabato 21 aprile 2012
Macchina di Anticitera
La macchina di Anticitera (greco moderno: O μηχανισμός των Αντικυθήρων, O michanismós ton Andikithíron), nota anche come meccanismo di Antikythera[1], è il più antico calcolatore meccanico conosciuto, databile intorno al 150-100 a.C. Si tratta di un sofisticato planetario, mosso da ruote dentate, che serviva per calcolare il sorgere del sole, le fasi lunari, i movimenti dei cinque pianeti allora conosciuti, gli equinozi, i mesi, i giorni della settimana e - secondo un recente studio pubblicato su Nature[2] - le date dei giochi olimpici. Trae il nome dall'isola greca di Anticitera (Cerigotto) presso cui è stata rinvenuta. È conservata presso il Museo archeologico nazionale di Atene.
Il meccanismo fu ritrovato nel 1900 grazie alla segnalazione di un gruppo di pescatori di spugne che, persa la rotta a causa di una tempesta, erano stati costretti a rifugiarsi sull'isoletta rocciosa di Cerigotto. Al largo dell'isola, alla profondità di circa 43 metri, scoprirono il relitto di un'enorme nave affondata, risalente all'87 a.C. e adibita al trasporto di statue in bronzo e marmo.
Il 17 maggio 1902 l'archeologo Spyridon Stais, esaminando i reperti recuperati dal relitto, notò che un blocco di pietra presentava un ingranaggio inglobato all'interno. Con un più approfondito esame si scoprì che quella che era sembrata inizialmente una pietra era in realtà un meccanismo fortemente incrostato e corroso, di cui erano sopravvissute tre parti principali e decine di frammenti minori.
Si trattava di un'intera serie di ruote dentate, ricoperte di iscrizioni, facenti parte di un elaborato meccanismo ad orologeria.
La macchina era delle dimensioni di circa 30 cm per 15 cm, dello spessore di un libro, costruita in bronzo e originariamente montata in una cornice in legno. Era ricoperta da oltre 2.000 caratteri di scrittura, dei quali circa il 95% è stato decifrato (il testo completo dell'iscrizione non è ancora stato pubblicato).
Il meccanismo è attualmente conservato nella collezione di bronzi del Museo archeologico nazionale di Atene, assieme alla sua ricostruzione.
Alcuni archeologi sostennero che il meccanismo era troppo complesso per appartenere al relitto ed alcuni esperti dissero che i resti del meccanismo potevano essere fatti risalire ad un planetario o a un astrolabio. Le polemiche si susseguirono per lungo tempo ma la questione rimase irrisolta.
Solo nel 1951 i dubbi sul misterioso meccanismo cominciarono ad essere svelati. Quell'anno infatti il professor Derek de Solla Price cominciò a studiare il congegno, esaminando minuziosamente ogni ruota ed ogni pezzo e riuscendo, dopo circa vent'anni di ricerca, a scoprirne il funzionamento originario.
Funzione e funzionamento [modifica]
Il meccanismo risultò essere un antichissimo calcolatore per il calendario solare e lunare, le cui ruote dentate potevano riprodurre il rapporto di 254:19 necessario a ricostruire il moto della Luna in rapporto al Sole (la Luna compie 254 rivoluzioni siderali ogni 19 anni solari).L'estrema complessità del congegno era inoltre dovuta al fatto che tale rapporto veniva riprodotto tramite l'utilizzo di una ventina di ruote dentate e di un differenziale, un meccanismo che permetteva di ottenere una rotazione di velocità pari alla somma o alla differenza di due rotazioni date. Il suo scopo era quello di mostrare, oltre ai mesi lunari siderali, anche le lunazioni, ottenute dalla sottrazione del moto solare al moto lunare siderale.
Sulla base della sua ricerca, Price concluse che, contrariamente a quanto si era creduto in precedenza, nella Grecia del II secolo a.C. esisteva effettivamente una tradizione di altissima tecnologia.
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La macchina di Anticitera
STORIA DEL CALCOLO AUTOMATICO E DELLE SUE APPLICAZIONI PRATICHE
IL PLANETARIO DI ARCHIMEDERITROVATO
Macchina di Anticitera, l'orologio dei pianeti
sabato 7 aprile 2012
Il mistero degli iceberg
Ma dove son finiti tutti gli iceberg? In un decennio che è stato il più caldo dal 1900 ad oggi e soprattutto con i dati degli scienziati che ci dicono che i ghiacci groenlandesi si sciolgono come non mai e così quelli polari, verrebbe da pensare che gli icearg siano in aumento. Ed invece ecco la sorpresa. Partiamo dai dati: dal 1900 ad oggi (cioè a fine 2011 – la stazione degli iceberg si apre infatti ad aprile) sono stati contati 53.118 iceberg che sono scesi al di sotto del 48mo° di latitudine che è il parallelo al di sotto del quale vi è un intenso traffico di navi. Ovviamente quanto più ci avviciniamo ai nostri giorni migliore è il conteggio, in quanto dagli anni Settanta sono entrati in attività anche i satelliti per la loro localizzazione. La media è dunque ci 474 iceberg per anno. Essi iniziano a galleggiare verso la fine di aprile per arrivare ad un massimo attorno ai mesi estivi e tornare a zero verso novembre-dicembre.
Ebbene nel 2011 sono stati contati solo 3 iceberg. Nel 2010 se ne è contato solo uno, anch’esso sceso sotto il 48° di latitudine. Nel 2005 altro anno di magra con soli 11 iceberg e nel 2006 il valore è stato zero. E’ pur vero comunque che nell’eccezione di questo periodo di magra il 2009 ha visto ben 1.204 iceberg in circolazione e 976 nel 2008. Ma veniamo ai record: nel 1984 se ne sono contati ben 2.202 e nel fatidico anno dell’affondamento del Titanic, il 1912, gli iceberg contati furono 1038
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mercoledì 28 marzo 2012
Santuario Santa Maria dei Miracoli
In tempi lontanissimi, nel luogo ove sorge l'odierno Santuario della Madonna dei Miracoli, c'era una piccola chiesa dedicata a San Pietro in Lamentese, le cui antiche origini si perdono nella storia. Si dice che fosse stata eretta per ricordare un eccidio compiuto dagli Unni, i feroci barbari guidati da Attila (457).
La presenza della chiesetta è comunque documentata intorno al X secolo. Infatti il Papa Giovanni X (915-928) e poi Giovanni XIX (1024-1033) concedevano la sua giurisdizione ai monaci benedettini di Santa Maria in Organo di Verona i quali costruirono un piccolo monastero. (Bolla papale di Alessandro III - 11/07/1177). Nei secoli successivi fu però ceduta in commenda e cadde in un rovinoso abbandono, durato fino alla fine del millequattrocento, quando un evento straordinario la fece risorgere.
Era il primo maggio 1486, un'immagine della Vergine dipinta sulla parete sud della chiesa, dopo essere stata sfregiata e oltraggiata, si mosse, dal petto sgorgarono gocce di sangue, segnando l'inizio di un'attività taumaturgica che risvegliò il cuore dei fedeli (vedi Approfondimento tematico). Vi giunsero allora gli Olivetani, i benedettini bianchi riformatori dell'abbazia di S. Maria in Organo; essi ottennero di officiarla e di costruirvi il monastero. In poco più di trent'anni la trasformarono nel magnifico complesso che oggi vediamo, costruendo di fatto tre chiese: una votiva, con l'immagine taumaturgica, una perpendicolare che funge quasi da vestibolo e una terza ampia e decorata per le grandi celebrazioni, rese necessarie dal grande afflusso di fedeli che seguirono il verificarsi dei primi eventi miracolosi.
La presenza della chiesetta è comunque documentata intorno al X secolo. Infatti il Papa Giovanni X (915-928) e poi Giovanni XIX (1024-1033) concedevano la sua giurisdizione ai monaci benedettini di Santa Maria in Organo di Verona i quali costruirono un piccolo monastero. (Bolla papale di Alessandro III - 11/07/1177). Nei secoli successivi fu però ceduta in commenda e cadde in un rovinoso abbandono, durato fino alla fine del millequattrocento, quando un evento straordinario la fece risorgere.
Era il primo maggio 1486, un'immagine della Vergine dipinta sulla parete sud della chiesa, dopo essere stata sfregiata e oltraggiata, si mosse, dal petto sgorgarono gocce di sangue, segnando l'inizio di un'attività taumaturgica che risvegliò il cuore dei fedeli (vedi Approfondimento tematico). Vi giunsero allora gli Olivetani, i benedettini bianchi riformatori dell'abbazia di S. Maria in Organo; essi ottennero di officiarla e di costruirvi il monastero. In poco più di trent'anni la trasformarono nel magnifico complesso che oggi vediamo, costruendo di fatto tre chiese: una votiva, con l'immagine taumaturgica, una perpendicolare che funge quasi da vestibolo e una terza ampia e decorata per le grandi celebrazioni, rese necessarie dal grande afflusso di fedeli che seguirono il verificarsi dei primi eventi miracolosi.
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