martedì 1 marzo 2022

“La crisi è dovuta all'espansione della Nato in Europa dell'est”

Non è proprio così. Il governo e l’opinione pubblica russa associano, non senza buone ragioni, l’Alleanza atlantica a condotte deprecabili e istinti guerrafondai (e non sono i soli a farlo). Ma nel 2014, là dove il conflitto attuale trova le sue radici, le cose precipitarono quando il presidente ucraino Viktor Yanukovich decise di non firmare l’Accordo di associazione con l’Unione europea. 

Dopo una serie di riforme, la Georgia, la Moldavia e l’Ucraina avrebbero avuto accesso a un’alleanza commerciale che avrebbe consentito ai loro prodotti di accedere al mercato europeo attraverso una graduale riduzione dei dazi. Molti ucraini lessero la mancata firma dell’accordo come una scelta del presidente di legarsi a Mosca e scesero in piazza per chiederne le dimissioni, scatenando una serie di eventi che portarono alla cosiddetta “rivoluzione di Maidan”. La Russia, contraria alla creazione di un mercato comune tra Bruxelles e Kiev senza il suo permesso, non esitò a procedere all’annessione della Crimea e a infiltrare militari russi nelle regioni sud-orientali.

Putin ha ribadito più volte, anche in questi giorni, la sua preoccupazione per una Russia accerchiata dai missili Nato (“A cinque minuti da Mosca”, ha detto) e dalla rete atlantica, che impedirebbe, nella sua propaganda, al paese di prosperare. Ma è più di un decennio che Paesi come Francia e Germania si oppongono allo status di candidato Nato per l'Ucraina. Tutto questo nonostante dal 2014 l’opinione pubblica ucraina si sia spostata a favore dell’adesione al patto atlantico, evenienza sancita anche nella Costituzione di Kiev.

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